L’Egitto interverrà militarmente in Libia a fianco del generale Khalifa Haftar? Non è ancora certo, ma in una dichiarazione pubblica il presidente Abdel Fattah al-Sisi si è detto preoccupato del fatto che le istituzioni libiche siano «ostaggio di formazioni armate e terroriste» e non ha escluso un’azione militare.
Da parte sua il governo di Tripoli, considerandole una «minaccia», ha espresso «profondo stupore» per le frasi pronunciate dall’uomo forte egiziano. In una dichiarazione pubblicata sulla pagina Facebook del proprio ufficio stampa, il Consiglio presidenziale dell’esecutivo libico di cui è capo Fayez al-Sarraj fa esplicito riferimento alla frase con cui Sisi ha definito il governo di Tripoli «ostaggio di formazioni armate e terroriste». Sorpresa viene espressa dal Consiglio presidenziale però anche «per le sue allusioni di essere capace di procedere a un intervento diretto in Libia».
Come ha riportato il sito arabo della Ccn, Sisi aveva detto che «saremmo dovuti intervenire direttamente in Libia e siamo in grado di farlo ma non l’abbiamo fatto perché il popolo libico non dimenticherebbe mai qualsiasi intervento diretto nella sicurezza». Il Consiglio di Sarraj fra l’altro afferma di comprendere «il diritto dello Stato egiziano» alla «sicurezza nazionale ma non accetta alcuna minaccia alla propria sovranità».
Sulla Libia si estendono quindi le ombre degli interessi stranieri. È di pochi giorni fa la dichiarazione del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan della disponibilità a un intervento militare a fianco delle autorità di Tripoli e dell’emiro qatariota Tamim bin Hamad al-Thani che si è detto pronto a sostenere economicamente le forze armate di Fayez al-Sarraj. Così come sono note le ingerenze russe a favore di Khalifa Haftar. Ormai numerosi report delle intelligence occidentali confermano la presenza sul territori dei mercenari russi del Gruppo Wenger a fianco dei soldati della Cirenaica. Ora anche l’Egitto si dice pronto a intervenire. Il rischio è che la guerra civile in corso continui e si trasformi in un pantano politico-militare-diplomatico dal quale tutti uscirebbero sconfitti.