In Libia difficilmente si terranno le elezioni presidenziali il 24 dicembre. Sono troppi gli interessi esterni e interni che si oppongono al voto. La speranza è che i libici possano essere chiamati alle urne nel più breve tempo possibile. È questa, in sintesi, l’analisi di Michela Mercuri, docente universitaria ed esperta di Libia.
di Enrico Casale
Le elezioni del 24 dicembre si svolgeranno regolarmente?
“È molto probabile che non si terranno. Non è ancora stato ufficialmente dichiarato dall’Unsmil (la missione Onu in Libia) ma, considerate le condizioni di instabilità nelle quali versa il Paese, quasi certamente non si voterà.
Chi si oppone alla tornata elettorale?
Direi che sono principalmente gli attori interni a ostacolare il voto. Penso soprattutto a quelle milizie che non parteggiano per alcun candidato e hanno tutto l’interesse a mantenere le posizioni di potere che hanno acquisito in questi ultimi dieci anni. Sono loro a mettere i bastoni tra le ruote del meccanismo elettorale dal quale potrebbe venire fuori un leader che potrebbe erodere le loro rendite di posizione. Soprattutto se questo leader appartiene a una fazione opposta. Alcune sono affiliate a Saif al-Islam, il figlio del defunto rais Muammar Gheddafi. Altre a Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, e a Ahmed Maiteeq. Altre ancora a Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, il presidente di transizione.
All’estero chi rema contro?
Per quanto riguarda gli attori esterni, non c’è dubbio che attualmente Russia e Turchia hanno un ruolo importante nelle dinamiche del Paese. Entrambi sono interessati al mantenimento dello status quo. Sia Mosca sia Ankara hanno proprie basi in Libia. La Russia all’Est, la Turchia all’Ovest. Sicuramente il loro ruolo non è favorire le elezioni. Anche se, va detto, non si sono posti di traverso al processo elettorale in modo eclatante. Secondo ipotesi trapelate, ma che non hanno riscontro, ci sarebbe in vista una possibile strana coalizione tra Dbeibeh e Haftar. Quindi una convergenza tra Est e Ovest in chiave anti Saif al-Islam. Perché questa coalizione anti Gheddafi? Perché il vero problema di queste elezioni è proprio la candidatura del figlio dell’ex rais che gode di un ampissimo consenso da parte della popolazione e rischia di mettere in crisi sia i candidati dell’Est sia quelli dell’Ovest. Vista da fuori sembra difficile che una strana coalizione, come quella tra Dabaiba e Haftar, possa reggere nel tempo, ma potrebbe essere l’elemento nuovo delle prossime settimane che scompagina le carte della scena politica libica.
Di fronte a questa alleanza come reagirebbero Turchia e Russia?
Se questa ipotesi, per certi versi improbabile, dovesse attuarsi, non credo che la Turchia si opporrebbe perché permetterebbe ad Ankara, che sostiene Dbeibeh, di mettere un piede anche nell’Est. La Russia negli ultimi mesi ha dato il proprio sostegno a Saif al-Islam, ma dovesse tornare in auge Haftar potrebbe comunque contare su un proprio uomo al vertice (lo ha sostenuto per anni attraverso i mercenari del Gruppo Wagner).
Quale credibilità avrebbe il voto del 24 dicembre, sempre che si tenga…
Se anche le elezioni si tenessero il 24 dicembre, cosa che, ripeto, mi sembra impossibile, temo che qualsiasi risultato elettorale non reggerebbe e non sarebbe accettato dagli attori locali. Se vincesse un candidato dell’Ovest, le milizie dell’Est scatenerebbero una risposta armata. E viceversa. La Libia è ancora un Paese profondamente instabile. A mio parere non si possono tenere elezioni per stabilizzare un Paese, ma il contrario. È necessario prima stabilizzare il Paese e poi tenere le elezioni.
Quale ruolo ha svolto l’Italia in questa crisi?
L’Italia si sta muovendo nell’alveo delle istituzioni internazionali. Ha cercato in ogni consesso internazionale di favorire le elezioni del 24 dicembre. L’Italia, attraverso il premier Mario Draghi, supportata da attori come la Francia, ha cercato di spingere la leadership libica ad approvare una legge elettorale. Ciò non è accaduto. Poi la situazione è degenerata. L’Italia, come altre potenze occidentali, stanno guardando all’evolversi della situazione. Il processo elettorale è diventato sempre più una questione libica con scontri tra i vari candidati e le milizie che li sostengono. Quindi la comunità internazionale vive un impasse e subisce, sperando che le elezioni siano posticipate e al loro posto non si verifichi una escalation di violenza. Ciò riporterebbe indietro il Paese e danneggerebbe anche le tante imprese italiane che stavano ricominciando a lavorare nel Paese nordafricano.