Il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Karim Khan, ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Unsc) di supportare la cattura di sei uomini della milizia Kaniyat, presunti responsabili delle atrocità di Tarhuna, in Tripolitania, dove nel 2020 sono state scoperte fosse comuni con centinaia di corpi.
Khan ha tenuto martedì il suo briefing sulla Libia all’Unsc, in videoconferenza da Tripoli, dove lunedì ha incontrato il procuratore generale libico al-Siddiq al-Sour, il primo ministro del Governo di unità nazionale Abdul Hamid Dbeibah e il presidente del Consiglio presidenziale Mohammed Menfi.
Khan ha dichiarato che le famiglie delle vittime dei crimini in Libia hanno apprezzato l’emissione dei mandati di arresto contro i responsabili e hanno richiesto che siano processati: “Ho avuto incontri nel sud con famiglie che hanno perso alcuni dei loro cari. Abbiamo visto la loro determinazione e le loro richieste. Usando questo microfono, parlo a loro nome per trasmettere il loro messaggio: sono soddisfatti dei mandati di arresto e vi chiedono di aiutarli ad arrestare e processare i responsabili, affinché possano raccontare le sofferenze delle loro famiglie”.
In un altro passaggio, Khan ha dichiarato: “Abbiamo identificato un certo numero di individui contro cui sono stati emessi mandati di arresto. Sappiamo dove si trovano e chiediamo il vostro aiuto per catturarli e portarli davanti alla giustizia. Sono pronto a collaborare con le autorità libiche, con gli Stati parte dello Statuto di Roma della Cpi e con altre parti non statali per soddisfare le aspettative delle vittime”.
Khan ha aggiunto che “c’è un barlume di speranza per le famiglie di Tarhuna”, sottolineando di aver osservato “un grande cambiamento nella natura dei progressi durante la mia ultima visita”. Ha poi proseguito: “Ci saranno ulteriori mandati di arresto, alcuni dei quali rimarranno riservati per facilitare le catture. Continueremo a operare, anche nel campo legato ai migranti”.
“Continueremo a lavorare senza sosta per realizzare la roadmap e completare le indagini entro la fine del 2025 – ha concluso – Questo non sarà possibile senza l’aiuto della Libia e la collaborazione delle parti coinvolte”.
Khan ha inoltre sottolineato la necessità che i processi si tengano sia all’Aia che in Libia e che sia data la possibilità ai legali libici di collaborare con il suo ufficio.
La Cpi ha raccolto “oltre 1.300 prove relative ai crimini commessi in Libia, condotto più di 14 interviste ed esaminato oltre 29 testimonianze” ha aggiunto Khan: “sono state raccolte informazioni affidabili sui crimini contro i manifestanti nel 2011, per i quali sono stati emessi quattro mandati di arresto pubblici”. Tra questi, Khan ha ricordato quello ancora pendente per i crimini del 2011 contro Saif al-Islam Gheddafi. Khan ha inoltre ricordato che la Corte indaga ancora “su crimini commessi tra il 2014 e il 2020 dalle forze di Khalifa Haftar”, tra cui figurano esecuzioni extragiudiziali, rapimenti, profanazione di corpi, violenze sessuali, attacchi aerei e l’uso di mine. Ha inoltre ricordato casi di sparizioni forzate, come quella del deputato Ibrahim al-Dersi, simile alla sparizione precedentemente segnalata della deputata Siham Sergiwa, e la detenzione di Hassan al-Farjani nella prigione di Mitiga.