Sono trascorsi tre anni da quel 14 aprile 2014 quando un commando di Boko Haram rapì 276 ragazzine di età tra i 12 e i 17 anni nel liceo di Chibok, nel Nord-Est della Nigeria. In questi mesi, si sono ripetuti gli appelli di molte personalità (non ultima Michelle Obama), ma anche di migliaia di persone comuni per la loro liberazione. Solo una settantina di esse è tornata a casa. Le altre 200 mancano ancora all’appello. L’allora leader del gruppo jihadista, Abubakar Shekau, affermò che le giovani erano state convertite all’Islam, costrette a matrimoni forzati e tenute in schiavitù.
In realtà, non si sa con precisione quale sia stato il loro destino. Il Governo nigeriano ha avviato ricerche anche attraverso operazioni militari. Da più parti, però, l’esecutivo è stato accusato di aver fatto troppo poco. «La risposta fornita dall’amministrazione del Presidente nigeriano Muhammadu Buhari è degna del modo in cui è stata gestita la crisi: la mancanza di sicurezza, le condizioni degli sfollati interni, le condizioni delle forze armate, la corruzione e la mancanza di governance», ha dichiarato ai microfoni di it.euronews.com, Aisha Yesufu, la leader del movimento #BringBackOurGirls.
Lo scalpore suscitato dal rapimento ha destato l’attenzione della comunità internazionale sulla minaccia di Boko Haram non solo per la Nigeria, ma per l’intera regione del Lago Ciad. Ciò ha portato alcuni capi di Stato africani, con l’appoggio dei Governi occidentali, ad allearsi e a varare un piano per dichiarare guerra alla formazione jihadista.
Il gruppo estremista si dichiara fedele all’Islam, religione che di fatto viene strumentalizzata e ridotta a pura violenza e prevaricazione. Un gruppo la cui insurrezione ha fatto almeno 20mila morti, tra Nigeria, Ciad e Niger, che ha rapito decine di migliaia di persone e costretto alla fuga dalle proprie case almeno 2,6 milioni di persone a partire dal 2009. Le operazioni militari congiunte delle forze armate ciadiane, camerunesi, nigeriane e nigerine hanno costretto alla difensiva il movimento islamico. Ma non l’hanno ancora sconfitto.