di Andrea Spinelli Barrile
L’epidemia di mpox sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari africani ma non è nulla se paragonata a quella che può essere senza dubbio alcuno definita “la sfida” per la sanità africana, la vera battaglia campale che, fino ad oggi, il continente ha combattuto quasi da solo: quella contro la malaria.
Si stima che il 90% dei decessi per malaria globali avvenga in Africa e, in particolare, il 70% dei decessi per malaria a livello mondiale si verifichi in 11 specifici Paesi africani: Burkina Faso, Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Ghana, Mali, Mozambico, Niger, Nigeria, Sudan, Uganda e Tanzania. Questi Paesi si classificano anche nella parte inferiore dell’Indice di sviluppo umano. A marzo, tutti gli 11 Paesi hanno firmato la Dichiarazione di Yaoundé, impegnandosi a fermare i decessi per malaria e ad adottare misure più decisive per eliminare la malattia: in un incontro a margine del Comitato regionale per l’Africa dell’Organizzazione mondiale della sanità, tenutosi a Brazzaville, Repubblica del Congo, alla fine di agosto, la Rbm partnership ha evidenziato una tendenza preoccupante: nonostante i progressi significativi degli ultimi due decenni, i casi e i decessi per malaria sono aumentati negli ultimi anni, in particolare in tutta l’Africa.
La Rbm partnership to end malaria è la più grande piattaforma globale, con sede in Svizzera, per un’azione coordinata verso un mondo libero dalla malaria. Mentre gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite (Sdgs) prevedono di porre fine alla malaria entro il 2030, attribuendole un’elevata priorità insieme all’Hiv e alla Tb, sono stati investiti solo 3,5 miliardi di dollari per porre fine alla malaria, cioè meno della metà dei 7,3 miliardi di dollari necessari per eliminare la malaria come da obiettivo: con i governi africani già alle prese con sistemi sanitari deboli e risorse limitate, questa carenza potrebbe avere conseguenze disastrose.
La malaria “è una malattia che si interseca con altre disuguaglianze e colpisce principalmente le persone in un continente che ha già sfide complesse che dobbiamo ancora affrontare in modo appropriato. Quando la malaria si mescola alla povertà esistente, ai crescenti conflitti e spostamenti, ai capricci del cambiamento climatico e alle disuguaglianze di genere, genera un’ingiustizia che amplia il divario all’interno dell’Africa; e tra l’Africa e altre parti del mondo”, ha detto ad Africanews il Ceo di Rbm, Michael Adekunle Charles.
Nel 2019 l’Oms ha avviato in Ghana, Kenya e Malawi un progetto pilota noto come Malaria vaccine implementation program che ha previsto la somministrazione del vaccino RTS,S in 4 dosi a bambini a partire da circa 5 mesi di età, un programma che ha interessato 2 milioni di bambini. Nel 2024 il Camerun è stato il primo Paese ad avviare una campagna vaccinale contro la malaria e il vaccino, che presto sarà somministrato anche in altri nove paesi tra i quali Burkina Faso, Liberia, Nigeria e Sierra Leone, si prevede possa raggiungere 6,6 milioni di bambini sotto i 5 anni nei prossimi due anni, nella sola Africa sub-sahariana.
Autorizzato lo scorso mese di ottobre dall’Oms, il vaccino R21 è il secondo vaccino contro la malaria dopo Rts,s (noto anche con il nome di Mosquirix). R21 in particolare sembra possa diventare disponibile ad un prezzo inferiore e in quantità maggiori rispetto a Rts,s il cui costo per dose amministrata è ora stimato intorno ai 10 dollari complessivi contro i 2 – 4 dollari di R21. Quest’ultimo, secondo i risultati degli studi clinici, avrebbe un’elevata sicurezza ed efficacia specie se somministrato prima della stagione delle piogge.