Lo scontro tra Fulani e Yoruba rischia di lacerare ulteriormente la Nigeria

di AFRICA

di Federico Pani – Centro studi AMIStaDeS

La Nigeria, già alle prese in passato con la violenza terroristica di Boko Haram, vede profilarsi all’orizzonte lo scontro tra pastori Fulani e agricoltori Yoruba. Un conflitto che rischia di lacerare ulteriormente il Paese ancora scosso dall’attentato alla chiesa di Owo di inizio giugno.

La Nigeria è conosciuta come il “gigante d’Africa”, fregiandosi del ruolo di principale economia africana e di maggior produttore di petrolio nel continente. Con i suoi 200 milioni di abitanti è già lo Stato più popoloso dell’Africa. Secondo le previsioni, la popolazione raddoppierà nei prossimi trent’anni, facendo diventare il gigante africano il  terzo Paese più popoloso al mondo. La povertà diffusa, aggravata dalla pandemia di Covid-19 ha alimentato criminalità e banditismo: seppur è stato registrato qualche progresso nella lotta contro il terrorismo di Boko Haram, ad aumentare è stata invece la minaccia del movimento jihadista. Il cambiamento climatico ha acceso la miccia negli scontri tra pastori Fulani, in prevalenza islamici, e agricoltori Yoruba, in maggioranza cristiani, con i pastori cercano di spostare il proprio baricentro sempre più a Sud del Paese, alla ricerca di nuove rotte di transumanza.

Un’altra strage nel cuore della Nigeria

Lo scorso 5 giugno un’attentato ha sconvolto la Nigeria e l’intera comunità cattolica durante la messa per la solennità della Pentecoste ad Owo, cittadina a 350 chilometri da Lagos, nel Sudovest del Paese. Se in passato l’estremismo islamico e le bande di saccheggiatori e rapitori avevano terrorizzato il Nordovest e il centro del Paese, lo Stato di Ondo era finora stato considerato una delle aree più sicure del Paese. È in questa zona, però, che negli ultimi anni è andato via via crescendo lo scontro tra pastori nomadi Fulani, per lo più musulmani e forestieri, e gli agricoltori Yoruba, stanziali e cristiani. Complice la desertificazione, i Fulani si stanno spingendo sempre più a Sud alla ricerca di nuove terre per i pascoli. Il conflitto per le risorse è arrivato così ad assumere i connotati di uno scontro etnico e religioso: spesso i Fulani, riuscendo ad inserirsi abilmente nelle piaghe della corruzione e del malgoverno, si son resi protagonisti di assalti a villaggi abitati prevalentemente da cristiani. Il presidente nigeriano Muhammadu Buhari, giunto all’ultimo anno del suo mandato, è stato duramente criticato per la sua azione poco efficace sul fronte della sicurezza. Nel 2019 son state 1245 i morti a causa di attacchi terroristici in Nigeria, il secondo numero più alto al mondo: tra questi, si registrano 325 vittime della violenza dei Fulani.

Molto più che uno scontro tra cristiani e musulmani

Semplificare la realtà nigeriana ad una guerra tra musulmani contro cristiani appare, tuttavia, estremamente semplicistico e riduttivo. Un parere analogo viene espresso dal cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo emerito di Abuja, secondo il quale gli attentatori non sono “mossi da motivi religiosi”, tanto che nel Nord del Paese i gruppi criminali praticano la loro violenza anche all’interno delle moschee. L’obiettivo dei gruppi terroristici è quello di destabilizzare il Paese, generando disordine e confusione non soltanto tra i fedeli ma anche in villaggi e scuole. Queste azioni hanno instillato nella popolazione il senso di insicurezza, di dolore e di frustrazione nei confronti delle autorità, giudicate incapaci di sconfiggere i terroristi e di garantire la sicurezza nel Paese.  

I Fulani, detti anche Peul o Fulbe, sono presenti in prevalenza nell’Africa Occidentale e non soltanto in Nigeria ma anche in Mali, Guinea, Senegal, Niger. In passato, spesso, si son inorgogliti  del fatto che il presidente nigeriano Buhari provenga dalla loro stessa etnia. Il conflitto tra agricoltori e pastori ha provocato oltre 4 mila morti tra il 2015 e il 2018. Non è un caso che la stessa Amnesty International abbia evidenziato il fallimento delle politiche governative, incapaci di contrastare la violenza. Il primate della Chiesa Metodista Samuel Kanu, rapito nello Stato di Abia, nel Sud-Est del Paese da una gang di otto Fulani tra i 18 e i 25 anni e rilasciato dopo il pagamento di un riscatto di quasi 200 mila dollari, ha accusato i militari nigeriani di collusione con i rapitori.

I Fulani, in stretto contatto con l’islamismo radicale, hanno avuto una funzione importante di diffusione dell’Islam nella regione. La tensione è forte nel Paese in ragione della violenza crescente fomentata da gruppi armati e terroristici che colpiscono cristiani, cattolici così come anglicani e protestanti: la sensazione che pervade queste comunità è che il terrorismo non venga affrontato dalle autorità governative e che anzi i criminali godano di una certa dose di impunità. Il governo federale sembra essere poco propenso a proteggere i cristiani anche per la presenza al suo interno di musulmani e di nigeriani del Nord: l’esecutivo pare inoltre essersi privato di quell’equilibrio tra la componente islamica e quella cristiana in grado di garantire la pacifica convivenza tra i diversi gruppi che compongono la composita popolazione nigeriana.

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