In Burkina Faso un noto cantastorie trasmette ogni sera i suoi racconti. Con l’aiuto di un cellulare. L’idea gli è venuta durante il coprifuoco imposto dal governo per limitare i contagi. Vietati gli assembramenti e gli spettacoli teatrali, causa coronavirus, a Kientega Pingdewinde Gérard non è rimasto che sfruttare le nuove tecnologie per continuare a narrare le sue storie. Con risultati clamorosi
di Marco Trovato
Le luci di scena vengono accese all’ultimo, appena prima di andare in onda. «La benzina per il generatore costa parecchio», si giustificano i due ragazzi addetti alle riprese, quarant’anni in due, indaffarati negli ultimi dettagli. Paiono in apprensione. «La scorsa settimana, poco prima della diretta è scoppiata una tempesta di sabbia che ha rovinato tutto. Un’altra volta, nell’inquadratura sono finite alcune capre dispettose».
Ora tutto sembra a posto. Smartphone saldo sul treppiede, microfono funzionante, fari posizionati correttamente a illuminare una scenografia – allestita con sacchi di rafia e cartapesta –suggestiva, quasi magica, ispirata alla fucina di un fabbro. Sembra il ciak di uno spot televisivo. Ma siamo nella polverosa periferia di Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso.
Qui, Kientega Pingdewinde Gérard – per tutti KPG –, figlio d’arte, è un attore di successo. Ha recitato anche in Francia e Canada, ma è soprattutto il griot più celebre del Paese. Un idolo nazionale.
I griot sono i menestrelli dell’Africa occidentale. Cantastorie tradizionali, maestri del racconto, appartengono a una casta istruita e rispettata. Entrano in scena dopo il tramonto, quando interi villaggi e quartieri si assiepano attorno a loro per ascoltarli. Accompagnano le parole con il canto e il suono del tamburo e della kora. Sono depositari di antiche leggende e maestri indiscussi dell’arte oratoria. Scandiscono l’eterno avvicendarsi di nascite, matrimoni e funerali. Ma oggi sono alle prese con un mondo che cambia in fretta.
Di necessità virtù
La rivoluzione digitale ha diffuso modelli culturali che stanno squassando le società tradizionali. «Un tempo, quando la sera ci radunavamo, i giovani ascoltavano i racconti dei griot; oggi se ne infischiano: preferiscono starsene in disparte coi loro dannati aggeggi tecnologici tra le mani», si lamentano i vecchi. L’arbre à palabre, il tradizionale luogo in cui la comunità si ritrova per discutere e cimentare la coesione sociale, è stato soppiantato da chat e social network.
Kientega è un griot che vuole restare al passo coi tempi. Ogni sera alle 19 dà appuntamento a migliaia di burkinabè sul suo profilo Facebook, su cui trasmette in diretta per un quarto d’ora un racconto, ogni giorno diverso. «Ho cominciato per caso – confessa il griot all’agenzia Afp –. Il coronavirus ha costretto a cancellare le date del mio tour teatrale e le disposizioni governative anti-contagio hanno vietato gli assembramenti. Non mi è restato che portare avanti l’attività sfruttando le nuove tecnologie. Ho cercato di portare un po’ di conforto, allegria e compagnia durante le settimane di isolamento cui tutti sono stati costretti».
Le dirette social di KPG hanno avuto un successo clamoroso, al punto che le autorità lo hanno ingaggiato nella battaglia contro la pandemia.
Contro le fake news
Il Burkina ha registrato finora 11.450 casi accertati (e 134 morti su 21 milioni di abitanti): un numero di contagi modesto ma sufficiente per mettere in crisi il poverissimo sistema sanitario. Non solo. Il Paese sta affrontando una spaventosa crisi umanitaria dovuta all’instabilità nelle regioni settentrionali, che la pandemia potrebbe acuire. Per evitare la catastrofe è stato fondamentale sensibilizzare la popolazione. «Cari amici, cari figli, cari genitori, il coronavirus non è frutto della fantasia, non è una leggenda, non è un’invenzione dei bianchi. È una realtà pericolosa», ha ripetuto ogni sera KPG per contrastare le fake news girate su social e chat. Le sue parole sono riecheggiate da moltitudini di cellulari proprio nelle ore del coprifuoco (fino alle 5 del mattino). In tanti le hanno ascoltate. Anche i giovani.
«Non tutto il male vien per nuocere», riflette il griot. «L’emergenza mi ha spinto a unire tradizione e innovazione. In un momento così difficile per il nostro Paese anche le nuove generazioni hanno riscoperto il piacere degli antichi racconti… Nella nostra lingua abbiamo un detto: “L’uomo si ricorda dell’importanza dei suoi glutei solo quando hanno le vesciche”», conclude con una risata.
È l’ora di andare in onda. Il cantastorie imbraccia la sua kora e inizia a raccontare con sguardo rapito. «Paneyam cammina verso le montagne Naksinin alla ricerca della preziosa laterite rossa, la terra ricca di minerale di ferro. Dalla fucina alle montagne, la strada è lunga e il viaggio impegnativo…». Il cellulare trasmette in streaming. All’improvviso irrompe sulla scena un cane dall’aria indolente. I due ragazzi si scambiano sguardi atterriti. Ma il cane non abbaia, non ringhia, non disturba. Si accuccia ai piedi del griot, pare solo voler ascoltare la sua storia.
Foto di apertura
Kientega Pingdéwindé Gérard, alias KPG, posa per una foto sul suo set di Ouagadougou dopo aver raccontato una storia trasmessa in diretta su Facebook. Riprese e scenografia sono artigianali, ma l’effetto è straordinario . Foto di Olympia De Maismont / Afp