L’Olanda espelle l’ambasciatore eritreo: «Intimidisce i rifugiati»

di Enrico Casale
eritrean refugee

I Paesi Bassi hanno espulso l’ambasciatore eritreo Tekeste Ghebremedhin Zemuy. L’Aja lo ha dichiarato «persona non grata» e gli ha chiesto di lasciare il Paese nel più breve tempo possibile. Alla base di questa decisione, che in campo diplomatico è tra le più severe, c’è la controversa questione della cosiddetta «diaspora tax», la tassa che il regime eritreo impone ai propri cittadini che risiedono all’estero (conosciuta anche come tassa del 2% perché si applica al 2% dei redditi prodotti da eritrei espatriati).

Secondo il programma radiofonico olandese Argos, i rifugiati eritrei sarebbero, nonostante il loro status, costretti a pagare il tributo per poter accedere ai servizi consolari presso l’ambasciata eritrea. Per costringere i ragazzi e le ragazze, i diplomatici eritrei eserciterebbero continue intimidazioni e coercizioni. Nella lettera di espulsione il ministro degli esteri olandese Halbe Zijlstra solleva forti preoccupazioni per questa attività nei confronti dei rifugiati e delle loro famiglie rimaste in patria.

In passato, la diaspora tax aveva suscitato polemiche anche in altri Paesi. Nel 2013 il Canada ha espulso Semere Ghebremariam Micael, console generale eritreo a Toronto. Ottawa lo aveva dichiarato «persona non grata» in quanto, nonostante i ripetuti inviti da parte delle autorità canadesi, avrebbe continuato a richiedere ai connazionali l’imposta. In Svezia è stata presentata in Parlamento una proposta per impedire la riscossione del tributo (poi ritirata). In Svizzera sono state avviate indagini. In Italia è stata presentata un’interrogazione alla Camera per valutare i rischi di intimidazioni sui rifugiati eritrei da parte del regime.

Questa tassa, che inizialmente era su base volontaria e serviva a finanziare la lotta di liberazione dell’Eritrea, è diventato un balzello attraverso il quale il regime accumula grandi risorse (che non si sa come vengano utilizzate) e mantiene un forte controllo sociale sui propri cittadini all’estero. A chi non paga non vengono rinnovati i documenti e rischia di perdere la possibilità di rinnovare i permessi di soggiorno.
Enrico Casale

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