Il primo ministro britannico Boris Johnson ha svelato il piano del ministero dell’Interno britannico per inviare in Ruanda i richiedenti asilo che raggiungono il Regno Unito a bordo di piccole imbarcazioni attraversando il canale della Manica. La Royal navy, ha detto Johnson, si assumerà la responsabilità di trattare con le persone che attraversano la Manica.
Il Regno unito invierà quindi in Ruanda i richiedenti asilo, che attenderanno lì mentre le loro domande di ingresso verranno valutate. Il governo britannico stima che tale piano costi 1,4 miliardi di sterline l’anno (1,84 miliardi di dollari).
Il Refugee council ha condannato la proposta definendola “crudele e cattiva”. Lo scorso 19 gennaio il governo del Ghana aveva smentito le notizie secondo cui Accra stava dialogando con Londra per ospitare un centro di elaborazione per richiedenti asilo mentre il Ruanda aveva fatto sapere, l’anno scorso, che sebbene avesse firmato un memorandum d’intesa sulla migrazione con la Danimarca, l’accoglienza dei richiedenti asilo per l’elaborazione delle domande non faceva parte di tale accordo.
Il caso è esploso proprio a gennaio, quando numerose testate britanniche hanno dato la notizia di di un piano per inviare migliaia di richiedenti asilo in Paesi “come il Ghana e il Ruanda” per l’elaborazione e il reinsediamento. Secondo la stampa britannica il patto è stato chiamato “Operazione carne morta” e servirebbe a Boris Johnson per distogliere l’attenzione dallo scandalo Partygate.
L’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) ha espresso “forte opposizione e seria preoccupazione” per il progetto britannico di alleggerire i suoi obblighi in materia di asilo. “L’Unhcr resta fermamente contrario agli accordi che mirano a trasferire rifugiati e richiedenti asilo in paesi terzi, in assenza di garanzie e standard sufficienti” ha affermato Gillian Triggs, assistente dell’Alto commissario dell’Unhcr incaricato della protezione internazionale.
Secondo Triggs “tali disposizioni deviano le responsabilità in materia di asilo, eludendo gli obblighi internazionali e contrastando con la lettera e lo spirito della Convenzione relativa allo status dei rifugiati”.