Si riapre il caso della morte di Dag Hammarskjöld. E a condurre le indagini sarà un giurista africano, Mohamed Chande Othman, presidente della Corte suprema della Tanzania. A deciderlo sono state le Nazioni unite stabilendo che le indagini cominceranno il 30 marzo e dovranno concludersi entro 60 giorni con la consegna di un rapporto all’attuale segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Gli esperti potrebbero chiedere documenti nelle disponibilità dei servizi segreti degli Stati Uniti e di alcuni Paesi europei.
I più giovani forse non ne hanno mai sentito parlare e probabilmente solo qualche persona più anziana si ricorda ancora di Dag Hammarskjöld. Ma ignorare la sua figura significherebbe perdersi una parte importante della storia delle Nazioni unite e dell’Africa.
Svedese, economista, fu prima presidente alla Banca Nazionale di Svezia (incarico che ricoprirà dal 1941 al 1948) e poi viceministro degli Esteri. In questa veste fu Vicepresidente della delegazione svedese alla VI Sessione dell’Assemblea generale dell’Onu a Parigi (1951-1953) e poi Presidente alla sessione successiva (1952-1953).
Il 7 aprile 1953 viene eletto all’unanimità alla carica di Segretario generale dell’Onu, carica nella quale viene riconfermato nel 1957. Nel 1961 rimane vittima di un incidente aereo in Zambia (allora Rhodesia del Nord) mentre si stava recando nella provincia congolese del Katanga per negoziare un cessate-il-fuoco tra i Caschi blu e i ribelli che combattevano per la secessione da Kinshasa. Le piste seguite per far luce sull’incidente e per ricercare dei responsabili furono diverse: si parlò del coinvolgimento nell’abbattimento dell’aereo dei governi razzisti del Sudafrica e della Rhodesia, ma anche di un ruolo importante di spezzoni deviati dei servizi americani o inglesi, fino alle trame di mercenari del Katanga o di agenti di società minerarie belghe. L’ultima inchiesta dell’Onu sulla sua morte (1962) aveva concluso che «l’ipotesi di un sabotaggio non può essere esclusa», ma che «l’errore del pilota rimane la causa più probabile dell’incidente». A contribuire alla riapertura delle indagini è stato un libro pubblicato nel 2011 da Susan Williams, ricercatrice dell’Università di Londra.
Dopo la morte, nel suo appartamento di New York fu ritrovato un diario spirituale intitolato «Vägmärken», contenente brevi pensieri. Ne emerge la sua fede profondamente cristiana, anche se Hammarskjöld rifuggiva ogni manifestazione esteriore della propria religiosità, così da non ostacolare il suo lavoro nei confronti di interlocutori dalle convinzioni più diverse.