A Bujumbura, la capitale del Burundi, i costi della crisi politica saranno pagati anche (o, forse, soprattutto) dai ciclisti e dagli automobilisti. Per la prima volta nella storia del Paese saranno infatti costretti a pagare una tassa per il parcheggio. Secondo una direttiva emessa da funzionari comunali, le tariffe mensili per la sosta varierebbero da due dollari Usa per una bicicletta a 60 dollari per un camion. Gli autobus, il principale mezzo di trasporto in una città di circa cinque milioni di persone, dovranno pagare sei dollari.
Questo provvedimento, che colpisce a fondo e senza distinzioni tutti i cittadini, non è che l’ultima di una serie di misure adottate dall’autorità per riassestare i conti. Dopo la ricandidatura e la rielezione di Pierre Nkurunziza alla Presidenza della Repubblica, i donatori occidentali hanno infatti tagliato drasticamente i fondi per il piccolo Paese africano. Il bilancio statale ne ha risentito fortemente e il Governo è stato costretto a correre ai ripari. Oltre alla tassa sul parcheggio, l’esecutivo ha tagliato le borse di studio per gli studenti che dovranno rimborsare le tasse universitarie quando inizieranno a lavorare. Alcuni osservatori internazionali temono che verranno anche alzate anche le imposte sui redditi e questi incrementi, a catena, si abbatteranno sulle merci, determinando un aumento dei prezzi.
Il Burundi è un Paese poverissimo. Il salario medio di chi lavora non supera gli 80 dollari. Il taglio dei 470 milioni di dollari di aiuti dell’Unione europea per il periodo 2014-2020 ha rappresentato un forte colpo per l’economia e la finanza pubblica della nazione. Con questa decisione Bruxelles ha voluto colpire con forza la classe politica e, in particolare, Pierre Nkurunziza. La decisione di ricandidarsi ha portato instabilità nel Paese causando incidenti in cui sono morte 400 persone e la fuga nei Paesi confinanti di almeno 200mila burundesi. Su queste violenze la Corte penale internazionale ha annunciato un’inchiesta. In risposta, il Burundi ha annunciato l’uscita dal Tribunale dell’Aja (insieme a Gambia e Sudafrica).