di Andrea Spinelli Barrile
Si chiama LugandaGPT e afferma di essere il primo modello linguistico africano basato su un’Intelligenza artificiale (Ai), una novità che potrebbe aprire la strada di questa rivoluzione digitale a tutto il continente africano.
LugandaGPT è il primo assistente vocale in lingua Luganda, lingua africana della famiglia niger-kordofaniana, parlata dalla principale etnia dell’Uganda, i baganda (11 milioni di persone circa) ma non è l’unico primato di questo chatbot: è anche la prima Intelligenza arficiale addestrata in una lingua locale africana di cui si ha notizia, un primato importante.
Messa a punto dall’Audersity studios di Felix Kitaka, uno sviluppatore software e consulente ugandese, LugandaGPT è stata annunciata la prima volta il 17 gennaio e promette di colmare le lacune linguistiche nello spazio digitale e mettere in luce il potenziale della tecnologia nel preservare e promuovere il patrimonio culturale ugandese: LugandaGPT infatti colma una lacuna critica nella tecnologia localizzata, fornendo uno strumento che comprende e risponde in luganda.
Per anni, le barriere linguistiche hanno limitato, e continuano a farlo, l’accesso alla tecnologia, al business e all’istruzione in tutta l’Africa: con la maggior parte dei contenuti online disponibili in inglese o in altre lingue globali dominanti (come il francese) molti imprenditori, studenti e piccole imprese africane hanno faticato per partecipare pienamente all’economia digitale e per goderne appieno i benefici.
LugandaGPT non è l’unica Intelligenza artificiale che promette di far superare questa barriera: ci sono diverse soluzioni simili, sempre basate sull’intelligenza artificiale, che stanno cercando di cambiare questa narrazione, consentendo una traduzione e una comunicazione più efficace e senza interruzioni nelle lingue locali africane. Che non è come se un’Ai potesse esprimersi in dialetto napoletano o brianzolo ma è molto di più: dallo swahili al kinyarwanda, dal berbero allo shona fino all’amarico e all’afrikaans, le lingue africane sono transnazionali e contano milioni di persone che parlano solo quelle, milioni di persone che da sempre sono marginalizzate in un contesto di sviluppo delle nuove tecnologie.
Sui modelli linguistici, uno dei progetti sull’Intelligenza artificiale in Africa più interessanti è quello di Almawave: il 16 ottobre 2024 la società romana ha formalizzato un memorandum con la Ict commission della Tanzania per sviluppare un Large language learning model (Llm) in lingua swahili. Un progetto che avviene tuttavia su un modello basato “su fonti occidentali e in particolare americane” ha detto di recente Franco Martino, international sales director di Almawave, parlando al Business Forum tra Italia e Tanzania di questo mese di febbraio a Dar es Salaam: “Vogliamo invece utilizzare i dati locali per creare un Llm di lingua swahili con dati della Tanzania; questo per abbattere tutti i possibili bias culturali”.
Come per tutte le altre lingue africane, nonostante la crescente diffusione delle tecnologie che si basano sull’Ai a livello globale, e bacino di 200 milioni di parlanti (ben più grande quindi dei parlanti la lingua Luganda), anche lo swahili è ancora poco presente in questi sistemi: eppure, l’Africa è un’area linguistica molto diversificata, dove si stima che esistano tra 1.500 e 2.500 lingue vive, tra lingue maggiori e minori. L’intelligenza artificiale potrebbe contribuire all’economia globale con 15,7 trilioni di dollari entro il 2030, di cui 1.200 miliardi potrebbero essere generati in Africa.

Quella linguistica è forse la principale sfida che ostacola l’adozione dell’Intelligenza artificiale in Africa, cui si sommano l’elevato costo dell’infrastruttura dati, la carenza di professionisti qualificati in materia di intelligenza artificiale e la limitata potenza di calcolo. Eppure creare modelli di Ai adattati alle lingue africane, in particolare in un continente in cui le piccole e medie imprese guidano la crescita economica, potrebbe rappresentare una spinta enorme sia per la crescita economica che per quella tecnologica, un potenziale commerciale e di sviluppo enorme.
Il tema linguistico nella tecnologia si pone da tempo: nel 2013 Google fece sapere di voler introdurre la lingua Somala, l’Igbo, l’Hausa, lo Yoruba e lo Zulu nella lista delle lingue disponibili su Google translate. Sono state introdotte soltanto dieci anni dopo, nel 2023. Le prime tre lingue parlate in Africa, arabo, swahili e afrikaans, furono introdotte in Google translate soltanto nel 2018 (Google ha lanciato il servizio nel 2006). Il pioniere di Google translate africano si chiama Abdoulaye Diack, è senegalese e oggi è il responsabile del primo laboratorio africano di intelligenza artificiale di Google, che ha sede ad Accra, in Ghana.
Come racconta The Africa Report, Diack è in Google dal 2019, dove ha istituito un programma di residenza per ospitare giovani ricercatori africani per due anni: in qualità di responsabile del programma, supervisiona l’avanzamento di progetti quali il set di dati ad accesso aperto che utilizza le immagini satellitari per riconoscere gli edifici, Open Buildings e il lavoro sulle lingue africane. Google Africa, guidata dal direttore generale Alex Okosi, ha ampliato la sua presenza di ricerca nel continente aprendo un secondo centro di ricerca focalizzato sullo sviluppo dei prodotti a Nairobi, in Kenya, nel 2022. L’anno scorso Google Africa, che si è impegnata in un piano di investimenti quinquennale da 1 miliardo di dollari in Africa, ha annunciato il lancio del suo cloud regionale nell’Africa meridionale, “che ci consentirà di avere i data center e la potenza di calcolo per far funzionare l’intelligenza artificiale” disse Okosi a The Africa Report.
“L’intelligenza artificiale sta attualmente vivendo una crescita in tutto il mondo, ma molte persone pensano che non ci sia posto per essa in Africa” ha detto a The Fix Media Bernard Yao Adzorgenu, caporedattore di Afrikia, primo organo di stampa dedicato esclusivamente all’Intelligenza artificiale in Africa. La sfida dell’Intelligenza artificiale in Africa è anche culturale: la Nigeria ha annunciato, a fine gennaio, un piano per istituire la sua prima università focalizzata sull’intelligenza artificiale, la Wini university, che sarà fondata a Epe, Lagos.