L’ukuthwala è una pratica tradizionale che nasce come fuga d’amore, ma spesso si spoglia del suo romanticismo lasciando spazio ad abuso, violenza e tratta di minori. Il Sudafrica la riconosce e tutela all’interno della sua Costituzione come parte del diritto consuetudinario, ma a seguito di segnalazioni che ne denunciano la deriva violenta, il governo si sta mobilitando al fine di redigere una legislazione che vincoli tale processo.
di Claudia Rampulla
La ricca diversità culturale del Sudafrica è riconosciuta e considerata nelle sezioni 30 e 31 della Costituzione del 1996, nelle quali viene postulato il riconoscimento del diritto consuetudinario e la sua integrazione nel diritto sudafricano, a condizione che le norme o disposizioni specifiche non entrino in contrasto con la Costituzione stessa.
Il sistema giuridico sudafricano è di natura duale e consiste di due componenti: una di matrice occidentale, che si basa sul diritto romano-olandese e si identifica nel common law, e una di natura africana, costituita da leggi scritte e non, tipiche delle comunità indigene. Il riconoscimento simultaneo del diritto consuetudinario africano e dei diritti umani ha portato a un’incompatibilità tra due diversi sistemi di valori. I fautori del diritto consuetudinario africano, da un lato, percepiscono il Bill of Rights come un documento occidentale non noto agli africani, che è stato loro imposto e che minaccia l’esistenza degli usi e dei costumi tipici della popolazione locale. D’altro canto, i sostenitori dei diritti umani vedono il diritto consuetudinario come un sistema patriarcale e un duro impedimento all’attuazione dei diritti umani in Sudafrica.
La tradizionale pratica dell’ukuthwala
Uno dei costumi maggiormente discussi è quello dell’ukuthwala, nonché una particolare procedura prematrimoniale, ampiamente diffusa in Sudafrica, soprattutto nell’Eastern Cape, tra le comunità Xhosa. L’ukuthwala può essere definita come un modo culturalmente accettato in base al quale un corteggiatore rapisce una giovane donna, portandola a casa sua, con l’intento di costringere i genitori della ragazza a impegnarsi in trattative matrimoniali, quando si presentano degli ostacoli a una normale proposta di matrimonio.
Tradizionalmente, nelle comunità indigene africane le pratiche matrimoniali vengono avviate dalla famiglia dello sposo che si avvicina a quella della sposa avanzando la richiesta di acconsentire alla frequentazione dei due giovani. Idealmente seguono un periodo di corteggiamento tra i futuri coniugi e le trattative, pienamente sostenute dal consenso della coppia.
In caso di difficoltà nelle trattative prematrimoniali, è uso comune ricorrere all’ukuthwala, ossia al rapimento della futura sposa, la quale, o colta alla sprovvista, o a seguito di un accordo, viene portata a casa del futuro sposo. A questo punto lo sposo avvisa la famiglia della ragazza riguardo alla presenza di quest’ultima in casa sua e avanza una proposta di compenso da pagare in cambio dell’approvazione per il matrimonio. Se la proposta viene accettata, le trattative matrimoniali procedono: viene dunque pagato un numero concordato di capi di bestiame come lobola (il trasferimento di ricchezza sotto forma di mucche o denaro dalla famiglia dello sposo ai genitori della sposa) e si procede con i preparativi per il matrimonio. Invece, se la proposta del ragazzo viene respinta dalla famiglia di lei, questi è obbligato a pagare una sanzione, in quanto, in tal caso, l’ukuthwala viene riconosciuta come delitto.
Requisiti e forme dell’ukuthwala
L’ukuthwala nella sua forma tradizionale viene vista come una strategia collusiva degli amanti per assicurarsi le negoziazioni del matrimonio. È stata infatti descritta come una “innocua, romantica e affascinante consuetudine secolare”. Affinché si verifichi, è necessario che vengano soddisfatti alcuni requisiti essenziali, ossia: la donna deve essere in età da matrimonio, che nel diritto consuetudinario è generalmente considerata l’età fertile; è necessario il consenso delle parti; si deve inscenare il rapimento della ragazza, la quale deve fingere di opporre resistenza; la ragazza deve essere portata a casa dell’amante e rimanere sotto l’attenta osservazione delle donne, che la tengono in custodia per salvaguardare la sua persona e la sua reputazione; non vi devono essere rapporti sessuali.
Nell’usanza Xhosa, uno dei requisiti per contrarre un matrimonio è che l’uomo debba passare attraverso il rito di iniziazione ulwaluko (circoncisione), che lo rende pronto a fondare la propria famiglia. Lo stesso vale per la ragazza, che deve aver passato l’intonjane, ossia deve essere fertile e pronta a diventare moglie e ad avere figli. Makulele sottolinea che sebbene sia un percorso insolito verso il matrimonio, la pratica dell’ukuthwala è rivolta a ragazze o donne in età da marito. Tuttavia, bisogna notare che secondo i requisiti richiesti, non si fa cenno ad alcun limite d’età, ma l’unica prerogativa per il matrimonio è la pubertà, così come la procreazione viene considerata l’obiettivo finale.
Riguardo al consenso – altro elemento che sembrerebbe essere imprescindibile nella pratica dell’ukuthwala – bisogna applicare un distinguo tra le diverse forme di ukuthwala esistenti. Il rapimento può essere effettuato con la consapevolezza e il consenso della donna e dei suoi genitori. Questa forma di ukuthwala non viene effettuata contro la volontà della ragazza e quindi non contrasta in alcun modo con le disposizioni costituzionali sancite dal Bill of Rights. Ancora, il rapimento può essere effettuato con il permesso dei genitori ma senza il consenso della ragazza. Questa forma di ukuthwala viola il diritto alla dignità della ragazza perché viene consultata o informata del matrimonio pianificato solo dopo che i genitori hanno completato le trattative. Inoltre, un altro diritto che viene oltraggiato è quello alla salute sessuale e riproduttiva, in quanto molto probabilmente la ragazza potrebbe non essere consenziente nell’avere rapporti sessuali col marito e potrebbe andare incontro a gravidanze indesiderate. Infine, quando il rapimento viene effettuato senza il consenso né della ragazza né dei genitori, l’ukuthwala si concretizza in evidenti violazioni dei diritti umani, tra cui la violazione della libertà e della sicurezza della persona, la violazione dell’integrità fisica, della dignità, dell’uguaglianza, della privacy e del diritto di scegliere autonomamente un marito.
Il consenso nel matrimonio e il ruolo della comunità
Il ruolo delle famiglie e della comunità nell’organizzazione del matrimonio tra una donna e un uomo è il principio più importante e fondamentale nella pratica dell’ukuthwala. Tale senso di solidarietà e di aiuto reciproco rientra nella filosofia Ubuntu, per cui per comprendere appieno la pratica dell’ukuthwala è necessario circoscriverla all’interno del suo contesto di appartenenza: la comunità sente il dovere di intervenire quando la coppia coinvolta incontra delle difficoltà nel portare avanti la propria relazione. Così, in empatia con la coppia, la comunità – che comprende anche la famiglia del ragazzo – prende l’iniziativa di “rapire” la ragazza per facilitare le trattative per il matrimonio.
L’ukuthwala, dunque, viene vista come una pratica romantica, simile a una fuga d’amore, in cui i due innamorati trovano uno stratagemma per raggirare gli ostacoli alla loro unione. Tuttavia, succede spesso che l’ukuthwala avvenga basandosi esclusivamente sull’accordo dei genitori e della famiglia della ragazza, a cui viene pagata la lobola in cambio del permesso per il rapimento. Ciò si verifica quando la famiglia della ragazza è intrappolata in un ciclo di povertà e condizioni socioeconomiche precarie. Tali circostanze sono endemiche in alcuni villaggi rurali del Sudafrica, e molto frequentemente sfociano in accordi che prescindono dal benessere dei figli.
L’ukuthwala come forma di abuso?
La pratica dell’ukuthwala, dunque, al di là della sua aura romantica, è stata denunciata come una violazione estrema e fondamentale dei diritti più elementari delle donne e delle ragazze, compreso il diritto alla dignità, all’uguaglianza, alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona. È stata, infatti, riconosciuta come schiavitù sessuale sotto le spoglie di una pratica consuetudinaria[1].
Negli ultimi anni, inoltre, si sta registrando una forte deriva di tale pratica: sono sempre più uomini in età avanzata a ricorrere all’ukuthwala per sposare ragazze molto giovani (anche dodicenni), spesso appartenenti a famiglie disagiate, che concedono le loro figlie dietro compenso.
Forme deviate di ukuthwala sono state segnalate a partire dal 2009, anno in cui venne denunciato che più di 20 ragazze abbandonavano la scuola ogni mese perché coinvolte in tale pratica. Questa condotta ha portato a una crisi in cui i governi nazionali e provinciali hanno dovuto intervenire nel tentativo di rispondere alla sfida. Il governo sudafricano ha messo in atto leggi come il Children’s Act, il Sexual Offences and Related Matters Act, il Domestic Violence Act, e altre misure per mettere al bando pratiche tradizionali e culturali dannose su donne e bambini. Tuttavia, fattori socioeconomici come atteggiamenti culturali, analfabetismo, povertà e avidità si pongono come ostacolo allo sradicamento di tali usanze.
Studi condotti sugli eventi di cronaca hanno portato ad etichettare tali episodi come forme di matrimoni forzati e precoci, nonché come tratta di esseri umani.
Tentativi di arginare i crimini collegati all’ukuthwala
La Costituzione sudafricana riconosce e tutela il diritto consuetudinario, ma essendo il Sudafrica Paese firmatario della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, secondo quanto stabilito dall’art. 24 (3), ha il dovere di “adottare ogni misura efficace atta ad abolire le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute dei minori”. In altre parole, lo Stato ha l’obbligo di abolire le pratiche tradizionali dannose per la salute e l’integrità fisica del bambino. Questa disposizione è forse lo strumento più rilevante da utilizzare contro l’ukuthwala, dato che quest’ultima è una pratica tradizionale riconosciuta come dannosa per la salute dei bambini.
Il Sudafrica, inoltre, prescrivendo l’età del matrimonio a 18 anni per entrambi i coniugi ai sensi del Recognition of Customary Marriages Act 120 del 1998, probabilmente si è mosso nell’intento di vietare tutti i matrimoni consuetudinari di bambini di età inferiore ai 18 anni. Tuttavia, precisando nella Sezione 3 (3) che persone di età inferiore ai 18 anni possono unirsi in matrimonio purché dispongano del necessario consenso dei tutori, ha generato un forte contrasto con gli sforzi effettuati per porre fine ai matrimoni precoci legati alle pratiche consuetudinarie in Sudafrica.
Per tale ragione, la South African Law Reform Commission ha avanzato nel 2015 il Prohibition of Forced Marriages and Child Marriages Bill, un disegno di legge volto a bandire e criminalizzare tutti i matrimoni forzati e precoci causati da pratiche consuetudinarie, tra cui l’ukuthwala. Tale legge è una risposta alle preoccupazioni espresse dal Gender Directorate, che ha sottolineato i rischi che corrono le bambine coinvolte in tale pratica, che riguardano la sfera fisica, emotiva e sociale. Il Gender Directorate ha inoltre sottolineato che i valori, le credenze e le pratiche sudafricane devono essere coerenti con la Costituzione, la quale garantisce specificamente i diritti dei bambini.
Tramite il Prohibition Bill – seppur imperfetto e carente in alcune specifiche – si potrebbe dare attuazione al diritto internazionale e ai valori costituzionali della dignità umana, facendo sì che i matrimoni siano conclusi liberamente e senza alcuna forma di coercizione.
(Claudia Rampulla – Amistades)
FONTI:
- Ukuthwala: Is it all culturally relative?: https://www.derebus.org.za/ukuthwala-culturally-relative/
- Van der Watt M., Ovens M., Contextualizing the practice of Ukuthwala within South Africa, Research Gate, 2012
- Machaka BJ, The cultural practice of ukuthwala in South Africa, North-West University, 2018
- Jokani M. C., The customary law practice of Ukuthwala – an antithesis in the South African constitutional order, Nelson Mandela Metropolitan University, 2017
- Recent legal responses to child marriage in Southern Africa: The case of Zimbabwe, South Africa and Malawi: http://www.scielo.org.za/scielo.php?script=sci_arttext&pid=S1996-20962018000200006&lng=en&nrm=iso&tlng=en
[1] Si veda il caso Jezile v S et al. A 127/2014, par. 78.