Gli oppositori di Andry Rajoelina, vincitore al secondo turno delle presidenziali del 19 dicembre in Madagascar, sono scesi in piazza sabato per contestare la vittoria del neo (possibile) leader del Paese. La folla ha chiesto che il risultato sia rivisto e che Rajoelina sia escluso perché colpevole di frode, brogli. I manifestanti hanno accusato di corruzione anche la Commissione elettorale nazionale. Le forze dell’ordine non sono intervenute per disperdere i dimostranti, malgrado la manifestazione non fosse stata autorizzata.
Marc Ravalomanana, antagonista di Rajoelina al ballottagio ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale. Secondo i risultati pubblicati da Ceni, Ravalomanana avrebbe ottenuto solamente il 44,34% dei consensi, mentre Rajoelina avrebbe vinto questo ballottaggio con il 55,66%. Il candidato perdente ha depositato un ricorso. Ora l’ultima parola spetta ai giudici della Corte costituzionale, entro nove giorni dovranno decidere se convalidare o meno l’esito di questa tornata elettorale.
In attesa della sentenza, gli osservatori nazionali si sono riuniti in assemblea venerdì scorso, e la piattaforma Rohy, che comprende oltre centoventi organizzazioni della società civile sparse nelle ventidue regioni del Madagascar, ha urlato allo scandalo: un governo «privo di neutralità», una campagna elettorale esecrabile, durante la quale i vari candidati hanno gettato fango sull’operato degli altri contendenti e infine brogli. Ma la lista delle violazioni compilata dei settemila osservatori messi in campo durante le elezioni è molto, molto lunga.