Vi portiamo alla scoperta di un sorprendente lago in un angolo segreto del Kenya. Incuneato nel cuore della Rift Valley, alimentato da sorgenti naturali, il Lago Magadi, con le sue acque calde e salate ricche di microrganismi è un vero e proprio spettacolo della natura. Da visitare in solitudine.
di Jasmine Bourdon – foto di Michel Denis-Huot
Da Nairobi le migliaia di turisti che ogni anno si recano in Kenya per visitare le bellezze del Paese si sparpagliano in due direzioni: la maggior parte fa rotta (con possibili deviazioni ai Laghi Naivasha e Nkauru) verso il Masai Mara, celebre parco di savane popolato da animali selvaggi. Gli altri puntano alla costa (con comune digressione al Parco dello Tsavo), verso i paradisi balneari di Mombasa, Malidi, Watamu. Tra gli innumerevoli itinerari alternativi – ignorati dai grossisti dei safari – ce n’è uno particolarmente suggestivo che conduce a un tesoro naturale di rara bellezza: il Lago Magadi. La distanza da percorrere è solo di un centinaio di chilometri, ma si tratta di una strada piuttosto tortuosa che richiederà almeno due ore e mezzo di viaggio. Non c’è modo di annoiarsi.
Paesaggio da favola
Il primo tratto, che punta decisamente a sud, serpeggia tra le colline di Ngong, quelle abitate e decantate da Karen Blixen, rese celebri da La mia Africa, un susseguirsi di dolci rilievi foderati da campi agricoli floridi e ordinati. A poco a poco, mentre ci si allontana dalla capitale, il paesaggio diventa più arido e brullo. I centri abitati si diradano, il poco traffico sparisce del tutto, le colline si spopolano, solitari pastori masai s’intravvedono all’orizzonte con le loro mandrie, si procede su una pista tempestata di buche attorniata dal nulla e avvolta in un caldo torrido. Giunti finalmente a Magadi, al termine della strada, si supera l’anonima cittadina e ci si affaccia su una terrazza naturale che pare sospesa su un arcobaleno.
Il panorama è un’esplosione di colori che lascia senza parole. Rosso, rosa, arancione, viola, verde, giallo. Tonalità infuocate e forti contrasti. Il tutto in un silenzio irreale. Sembra un quadro di Matisse. Ma è un dipinto naturale, effetto di un’alchimia chimica che qui, nel cuore della Rift Valley, ha creato un posto magico.
Scherzo della natura
Esteso su cento chilometri quadrati, il Lago Magadi è un bacino alcalino alimentato principalmente da sorgenti naturali di acqua calda e salata. È circondato da colline vulcaniche che sciolgono nelle sue acque grandi quantità di carbonato di sodio, come il vicino Natron, situato appena al di là del confine con la Tanzania, con cui nell’antichità formava un unico grande lago. La mancanza di emissari e l’evaporazione dell’acqua fanno aumentare la concentrazione di sali a tal punto che la sua superficie è completamente ricoperta da uno strato di soda cristallizzata, che in alcune parti del bacino si estende in profondità per parecchi metri.
Le diverse temperature e densità saline producono zone di differenti colori che nel loro insieme creano un effetto visivo di grande fascino. Si passa dal rosa tenue al rosso fuoco, a seconda della quantità di microrganismi alimentati dal sale, come una sorta di caleidoscopio che cambia in continuazione nel corso dell’anno. Durante la stagione secca, l’80 per cento del lago è coperto da soda. In questo periodo dell’anno il lago è punteggiato di migliaia di trampolieri e fenicotteri rosa, tra le poche specie animali in grado di vivere in questo habitat estremo, che si nutrono delle alghe e dei microrganismi che vivono nelle sue acque. Una sola specie ittica, il ciclide Alcolapia grahami, è presente nel bacino lacustre. Ma l’unica cosa che davvero interessa all’uomo nel Lago Magadi è il bicarbonato che viene estratto sulle sue sponde e lavorato in vari stabilimenti nell’omonima città, dove viene raffinato e lavorato per prodotti farmaceutici.
(Jasmine Bourdon – foto di Michel Denis-Huot)
Questo articolo è uscito sul numero 4/2019 della rivista. Per acquistare una copia della rivista, clicca qui, o visita l’e-shop