A Balaka, cittadina rurale nel sud del Paese, i problemi non mancano: a cominciare dalla crisi delle campagne, acuita dai cambiamenti climatici. In soccorso della popolazione operano i volontari italiani di Orizzonte Malawi Onlus che affiancano le attività dei padri monfortani e della cooperativa Andiamo. Fanno un lavoro formidabile e oggi chiedono aiuto per aiutare decine di bambini di strada
di Marco Trovato
Il temporale si abbatte all’improvviso. Raffiche di vento fanno tremare i tetti in lamiera, tuoni e lampi squarciano il cielo, secchiate d’acqua si riversano sulla terra rossa e dura. In un attimo il paesaggio arido e polveroso diventa un fiume di fango. «Finalmente!», dice padre Piergiorgio Gamba, 66 anni, da 45 in Malawi. «La stagione delle piogge è tremendamente in ritardo. Le piantagioni sono bruciate dal sole. Ora speriamo che le precipitazioni non siano troppo violente. Se il raccolto andasse perduto si presenterebbe lo spettro di una nuova carestia».
Crisi ambientale
Il missionario monfortano si accarezza la barba con aria preoccupata. «Il boom demografico sta creando una pressione insostenibile sull’ambiente. La popolazione taglia alberi per fare carbone da vendere al mercato». Gli ultimi possenti baobab coi loro rami contorti sono muti testimoni del disboscamento dissennato portato avanti con la complicità delle autorità. «Il territorio è sempre più brullo e fragile. E i capricci delle piogge rendono insostenibile la situazione». Siamo a Balaka, cittadina rurale nel sud del Malawi. Un tempo c’erano solo campi di mais, patate e cipolle. Oggi le campagne si stanno svuotando. Colpa soprattutto dei cambiamenti climatici, che qui si fanno sentire con frequenti periodi di siccità alternati a fenomeni meteo distruttivi.
Il Malawi è un Paese a vocazione agricola: la gran parte della popolazione è dedita alla coltivazione della terra, ma i mezzi con cui lavora sono arretrati, nelle case si fatica a mettere assieme il pranzo con la cena. Pochi proprietari terrieri si arricchiscono con l’esportazione di tè e tabacco, tutti gli altri vivono in condizioni di estrema vulnerabilità. I beni di prima necessità sono in gran parte importati. La crisi del covid ha reso le spedizioni più difficili e care. Il costo della vita corre paurosamente. Il governo di Lilongwe è costretto a ricorrere agli aiuti alimentari per sfamare i contadini.
Da Bergamo al Malawi
«Sempre più gente decide di lasciare i campi per cercare fortuna in città», racconta Alessandro Marchetti, volontario italiano da sedici anni a Balaka. «Gli effetti li puoi vedere tu stesso». Tra le bancarelle del mercato ciondolano bimbi coperti con indumenti laceri e sporchi. «I bambini di strada sono una novità di questi ultimi anni», spiega. «Un fenomeno esploso con la disgregazione delle famiglie, l’urbanizzazione selvaggia, la monetizzazione dei rapporti sociali… La vita spietata della città si accanisce sui più deboli e indifesi».
Alessandro fa parte di Orizzonte Malawi Onlus, un’associazione bergamasca che sostiene le attività di Andiamo Trust, ong basata a Balaka, di cui è responsabile, che opera per l’inclusione e lo sviluppo sociale della comunità locale. «Siamo impegnati nei campi sanitario, educativo, culturale e agricolo». L’organizzazione è stata creata nel lontano 1978 da padre Mario Pacifici, infaticabile missionario monfortano, una vita trascorsa a promuovere opportunità per i giovani del Malawi (l’Alleluya Band, che ha tenuto decine di tour internazionali, è il suo fiore all’occhiello).
Dai missionari ai laici
I monfortani sono stati, assieme ai Padri Bianchi, i primi missionari a stabilirsi in questa nazione – ex protettorato britannico – incuneata all’estremità meridionale della Great Rift Valley. Hanno realizzato importanti opere sociali (scuole, dispensari, pozzi, centri di formazione) e di comunicazione (radio, televisioni, stamperie, librerie). Ma sono anche entrati in collisione con il potere politico. Nel 1992 stamparono la lettera pastorale con cui i vescovi locali chiedevano all’allora presidente Banda, leader del partito unico al potere, una svolta democratica verso il sistema multipartitico. La reazione del regime fu violenta. Tutti i sette vescovi furono arrestati. Padre Mario si rifugiò in un villaggio isolato.
Padre Gamba sfuggì di un soffio alla cattura della polizia nascondendosi nel baule di un’auto che lo avrebbe messo in salvo in Zambia. «Abbiamo vissuto momenti difficili, ma abbiamo anche ricevuto tanti attestati di amicizia e di sostegno. Malgrado gli acciacchi dell’età non molliamo. Il nostro posto è qui».
Oggi la loro opera sociale è portata avanti da giovani laici, malawiani e italiani. «Andiamo è totalmente gestita dai locali e con il supporto di volontari che decidono di dedicare tempo ed energie al servizio degli altri», chiarisce Alessandro.
Una richiesta d’aiuto
I risultati sono impressionanti: nel 2020 il reparto materno-infantile del piccolo ospedale comunitario amministrato da Andiamo (cura circa 75.000 pazienti l’anno) ha vaccinato 19.000 bambini e fatto partorire 2.500 donne. In cinque anni di attività ha permesso a mezzo milione di persone sparse in tutto il distretto di accedere ai servizi sanitari di base. Più di 3.000 bambini hanno potuto frequentare gratuitamente la scuola primaria, 1.700 studenti sono stati formati in istituti professionali.
«Oltre alle materie scolastiche puntiamo molto su attività extracurriculari che toccano le principali problematiche giovanili, come la prevenzione dell’aids, l’educazione sessuale, l’abuso di alcool e droghe, e sugli sport». Nessun approccio assistenziale: al centro delle attenzioni stanno la sostenibilità dei progetti e la promozione delle persone. «La nostra cooperativa sociale crea centinaia di posti di lavoro nel settore agricolo e dell’artigianato… in un Paese dove la disoccupazione spinge miriadi di ragazzi e ragazze a emigrare».
Adesso l’emergenza ha il volto di quei bambini di strada che abbiamo visto a Balaka. «Abbiamo creato una casa famiglia per l’accoglienza e il reinserimento scolastico dei casi più vulnerabili. L’abbiamo chiamata Tigawane, che in lingua locale significa “condividiamo”. Purtroppo, mesi fa l’edificio che ospitava i piccoli è andato in fumo per un incendio. Miracolosamente non ci sono state vittime. Oggi le bambine e i bambini si trovano in un rifugio di fortuna. Ma vogliamo al più presto dare loro una casa. Stiamo cercando i fondi». Qualcuno vuole aiutarli? Un piccolo gesto di solidarietà può fare la differenza.