Le ultime elezioni presidenziali si erano svolte nel maggio dell’anno scorso. Aveva vinto il presidente uscente, Peter Mutharika, con tre punti di distacco dal leader dell’opposizione Lazarus Chakwera (rispettivamente 38,6 e 35,4%): in termini assoluti, si trattava di una differenza di 159.000 voti.
Erano allora partite proteste in piazza di parte dell’elettorato, anche a distanza di mesi dal voto, con la Corte costituzionale a difendere il diritto dei cittadini a contestare – pur davanti alla richiesta del governo che voleva conculcare tale diritto.
Ieri, la Corte costituzionale è nuovamente intervenuta, in risposta al ricorso presentato dal candidato sconfitto: questa volta per annullare il voto di maggio e ordinare nuove presidenziali entro 150 giorni. Mutharika rimane comunque in carica fino a quella data, e nel frattempo potrebbe ricorrere in appello – mossa che, rileva l’Afp riportata dall’Ansa, «si teme possa avere un effetto destabilizzante nel Paese sudafricano solitamente pacifico».
Il verdetto della Corte è motivato dalla constatazione di «irregolarità diffuse, tra cui l’uso di liquido correttivo su alcune schede elettorali». Un intervento che viene a consolidare il ruolo che possono avere in Africa le Alte Corti in ordine alla democrazia. Si ricorderà, per esempio, come anche in Gambia la Corte suprema non si sia piegata al volere di Yahya Jammeh: il dittatore non si rassegnava alla sconfitta elettorale del dicembre del 2016.
Foto: da sinistra, i candidati alle elezioni del 2019, Peter Mutharika, Lazarus Chakwera e Saulos Chilima