Malawi, urne chiuse. Inizia la sfida a colpi di schede

di Enrico Casale
elezioni in malawi

Urne chiuse. È partito il conteggio dei voti. Inizia così la dura lotta a colpi di scheda fra i tre principali candidati alle elezioni presidenziali del Malawi. Quasi sette milioni di votanti si sono iscritti alle elezioni per scegliere il prossimo presidente, i membri del Parlamento e i consiglieri locali. Il voto si è svolto tranquillamente e dopo la chiusura dei seggi è iniziato il lavoro degli scrutatori. Questa è la prima volta che i risultati verranno trasmessi elettronicamente al centro di controllo nazionale e, secondo le leggi del Paese, la Commissione elettorale ha fino a otto giorni per annunciare l’esito dele elezioni.

Queste sono le elezioni più imprevedibili del Malawi nella storia recente. Il presidente Peter Mutharika sta cercando un secondo e ultimo mandato, ma deve affrontare una dura opposizione dal suo vicepresidente Saulos Chilima e di Lazarus Chakwera, un pastore evangelista in pensione che guida il più vecchio partito politico del Malawi.

Il presidente ha promesso che, se verrà rieletto, ricostruirà l’economia. Favorirà la nascita di imprese artigianali e industriali. Anche i due leader  dell’opposizione  hanno promesso riforme radicali, ma non sono stati in grado di coalizzarsi per sconfiggere il presidente.

Il Malawi è uno dei Paesi più poveri al mondo. L’aspettativa di vita è di poco superiore ai 55 anni, più della metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà (due euro al giorno). La forza lavoro è impiegata quasi tutta in agricoltura. «La povertà è estrema – spiega all’Agenzia Fides Piergiorgio Gamba, missionario monfortano da decenni nel Paese –. Qui non ci si sono opportunità e i giovani fuggono in Sudafrica. Ma anche lì non hanno pace. Spesso vengono malmenati ed espulsi. Sono trattati malissimo. La maggior parte dei malawiani vive di agricoltura. I campi sono però coltivati con metodi antiquati che non offrono rese accettabili. Non c’è un’industria. D’altra parte è difficile che un’azienda si possa sviluppare in un Paese nel quale per diverse ore al giorno manca l’energia elettrica».

«In Malawi – continua il missionario – formalmente esiste una democrazia. Nei fatti le strutture democratiche non sono utilizzare per il bene comune, ma per perpetuare un sistema che fa della prevaricazione e della corruzione i suoi pilastri fondanti. Una corruzione che va dai piani alti della politica fino al più umile funzionario. Serve un profondo cambiamento di mentalità. La gente voterà per il cambiamento? Non lo so. Spesso le persone temono il cambiamento e finiscono per accettare, sebbene controvoglia, ciò che conoscono, anche se non è l’ottimo».

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