La notizie è di quelle che aprono il cuore: a Timbuctu verranno ricostruiti quattro dei 14 mausolei distrutti dai gruppi islamisti che hanno occupato la città tra il marzo 2012 e il gennaio 2013. L’intervento è coordinato dall’Unesco (l’Agenzia Onu per l’educazione, la scienza e la cultura) e costa 11 milioni di dollari. Dovrebbe concludersi a luglio con il restauro di tutti i mausolei, le moschee e le biblioteche danneggiate, ma servono ancora otto milioni.
Grazie all’intervento francese, i miliziani jihadisti sono stati respinti a Nord e in città si è tornato a respirare un clima di calma e di serenità. Ciò ha permesso anche un lento, ma costante, ritorno dei turisti, attirati dal suo fascino. Soprannominata «La città dei 33 santi», Timbuctu fiorì tra il XV e il XVI secolo come centro carovaniero e di propagazione dell’Islam in Africa. A sbalordire i visitatori sono i suoi monumenti come le tre moschee storiche Djingareiber, Sidi Yahiya e Sankoré, gli antichi portali, le case dei primi esploratori, il pozzo costruito nel punto in cui, mille anni fa, una donna tuareg – narra la leggenda – trovò l’acqua che ha dato ricchezza e potenza alla città del deserto. Ma è anche l’atmosfera che si respira. «Sembra deserta – osserva una guida turistica in un’intervista all’agenzia Ansa -, poi ogni tanto qualcuno fa “capolino” e, piano piano, cominci ad avvertire uno sguardo da dietro le tipiche finestrelle antiche a grata che impediscono di vedere l’interno, ma dalle quali si può osservare perfettamente l’esterno. Una specie di silenzio ovattato domina la città, forse per via della sabbia bianchissima che avvolge tutto (lentamente negli anni si sta sempre più impadronendo di Timbuktu) e dà una sorta di effetto insonorizzato».
La ricostruzione dei mausolei ha due significati importanti. Il primo, più propriamente economico, è quello di restituire alla città alcuni dei suoi monumenti più preziosi. E ciò stimolerà certamente un’ulteriore ripresa del turismo e, quindi, del benessere sia per la città stessa sia per la regione. Il secondo è più simbolico. Quei mausolei, che venerano alcuni sapienti islamici, hanno sempre rappresentato e rappresentano ancora oggi un Islam sufi aperto che ha saputo accettare e confrontarsi con culture e fedi diverse. Non è un caso che siano stati distrutti dai miliziani jihadisti portatori di una visione intransigente dell’Islam. La loro ricostruzione riproporrà quindi una fede in grado di dialogare col mondo di fronte al dilagante messaggio di chiusura dei terroristi.