Il Mali ha assistito a un aumento dei crimini di guerra e delle violenze contro i civili dal 2018, in particolare nelle regioni centrali del Paese, Mopti e Segou. Nonostante gli impegni e le indagini, la giustizia è stata lenta ad arrivare per le vittime e/o le loro famiglie e l’impunità prevale ancora. Questo il monito lanciato dall’organizzazione di difesa dei diritti umani Amnesty International in un nuovo rapporto appena pubblicato.
Il rapporto di 64 pagine, intitolato “Crimini senza condanne: un’analisi della risposta giudiziaria ai crimini nel Mali centrale”, esamina lo stato delle indagini su diversi crimini commessi nel Paese dal 2018 e identifica varie barriere istituzionali e legali che stanno contribuendo a negare la giustizia e la verità alle vittime.
“Nonostante i ripetuti impegni da parte delle autorità maliane, un certo numero di indagini giudiziarie hanno fatto pochi o nessun progresso e le vittime continuano a chiedere giustizia pur temendo rappresaglie in assenza di misure di protezione”, si legge nel rapporto.
“L’impunità deve finire se vogliamo soddisfare il diritto delle vittime e delle loro famiglie alla giustizia e contribuire a garantire che tali crimini contro i civili non si ripetano. Le autorità del Mali devono dare seguito ai loro impegni mettendo la giustizia al centro delle loro azioni”, ha detto Samira Daoud, direttore regionale di Amnesty International per l’Africa occidentale e centrale.
Amnesty precisa come in alcune zone del Paese ad ostacolare le indagini giudiziarie siano sicuramente i conflitti e l’insicurezza. Ma il rapporto mette anche in luce che per favorire il processo di giustizia sono necessarie nel Paese “riforme legislative e istituzionali, risorse tecniche e finanziarie aggiuntive per il sistema giudiziario e una maggiore volontà politica, se si vogliono compiere progressi significativi nelle indagini e nel perseguimento dei crimini di diritto internazionale, conformemente agli standard internazionali sui diritti umani”.
Secondo Amnesty, uno dei fattori che contribuisce all’impunità in Mali per i crimini legati al conflitto armato è infatti la debolezza del quadro giuridico. La legge sulla concordia nazionale, approvata sulla scia dell’accordo di pace del 2015, stabilisce amnistie per “atti che possono essere qualificati come crimini o reati”, ma è ambigua riguardo all’esatta portata temporale o materiale di tali amnistie, nota l’organizzazione aggiungendo che queste ambiguità devono essere chiarite per garantire, tra l’altro, che le amnistie non siano concesse per gravi violazioni dei diritti umani commesse nel contesto del conflitto armato.
“Nell’ambito della revisione dei principali codici di giustizia del Mali, le autorità maliane devono adeguare il loro quadro giuridico al diritto internazionale e concedere ai tribunali civili la giurisdizione esclusiva sui crimini di diritto internazionale”, si legge nel report.