Sabato scorso due soldati delle forze di peacekeeping delle Nazioni Unite sono stati uccisi nel nord del Mali. Il convoglio si era fermato sulla strada tra Tessalit e Gao quando persone armate non identificate lo ha attaccato: ha riferito i fatti Mahamat Saleh Annadif, capo della missione delle Nazioni Unite.
La drammatica cronaca delle ultime ore non finisce qui. Sono infatti morti o dispersi circa una quarantina di soldati maliani in seguito a un attacco, presumibilmente condotto da jihadisti, nella zona centrale del Paese. Lo hanno reso noto alcuni funzionari militari. Il convoglio, composto da una decina di mezzi, è stato attaccato domenica nella località di Bouka Weré, a sud-est di Diabaly, a circa cento chilometri dal confine con la Mauritania. Alcuni dei veicoli sono riusciti a eludere l’assalto, ma dei 64 soldati che erano nel convoglio solo venti hanno risposto all’appello. Sono in corso ricerche per scoprire dove si trovino i soldati dispersi.
In questo contesto di continui attentati, il presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keita ha detto di essere pronto a tenere colloqui con la coalizione di opposizione. Nel Paese, intanto, monta la protesta e sono in molti a chiedere le sue dimissioni. Parlando alla televisione pubblica Keita ha detto che la sua mano è sempre tesa e che non vede l’ora di incontrarsi presto con i membri dell’opposizione. Salito al potere sette anni fa, Keita ha perso via via consenso per le violenze che attraversano il Paese: gli scontri etnici e il terrorismo jihadista hanno dilagato e all’inizio di questo mese decine di migliaia di persone hanno protestato a Bamako per chiederne le dimissioni.