Secondo un rapporto ufficiale comunicato ieri sera dal governo maliano è di almeno 132 morti il bilancio dell’ondata di attacchi armati che lo scorso fine settimana hanno preso di mira diversi villaggi appartenenti al comune di Diallassagou, nella regione di Mopti. Sebbene nessuno abbia ancora rivendicato la responsabilità degli attacchi, le autorità accusano la Macina Katiba.
Il villaggi colpiti sabato sono Diallassagou, Diamweli, Dessagou, poi Ségué domenica. Secondo diverse fonti locali e di sicurezza citate da Radio France Internationale (Rfi), i jihadisti sono apparsi intorno alle 16 di sabato e se ne sono andati solo nel cuore della notte. Erano un centinaio di motociclette con uomini armati a bordo.
I cacciatori dozo tradizionali di stanza a Ségué sono in un primo momento riusciti a respingere gli aggressori, anche se una persona è rimasta uccisa negli scontri. Ma è negli altri villaggi del comune di Diallassagou che i jihadisti hanno commesso “terribili massacri”, rapendo gruppi di uomini e giustiziandoli in vari luoghi del villaggio.
Nel corso dell’attacco, gli assalitori hanno dato fuoco al mercato, alle case, ai negozi e ai veicoli. Hanno anche portato via il bestiame. Centinaia di abitanti del villaggio sono fuggiti, la maggior parte verso Bankass, a circa 40 km di distanza.
Nessuno ha rivendicato l’attacco di sabato, ma Rfi riferisce che, secondo diverse fonti locali, i jihadisti della Macina Katiba, membro del Jnim, il Gruppo per il sostegno dell’Islam e dei musulmani, legato ad Aqmi, hanno agito per ritorsione: incolpano alcuni abitanti di aver infranto l’accordo locale e di aver aiutato l’esercito maliano e i suoi ausiliari russi a condurre le recenti operazioni nella zona. Durante queste operazioni, la comunità Peul è stata presa di mira in modo specifico ed è stata vittima di saccheggi e distruzioni. In particolare, i punti d’acqua sono stati saccheggiati.
Alcuni abitanti di Diallassagou, Diamwelli e Dessagou sono accusati dai jihadisti di aver agito come informatori o addirittura guide per l’esercito maliano. Questi nuovi massacri sarebbero quindi sia una risposta diretta all’esercito maliano sia una punizione collettiva inflitta dai jihadisti agli abitanti.
Le forze vive del comune di Bankass, nella regione maliana di Mopti, composte da funzionari eletti, leader della comunità e società civile, hanno annunciato per oggi l’inizio di una “disobbedienza civile” che prevede la chiusura dei servizi statali e non statali fino a nuovo avviso. Lo si apprende dal un comunicato ripreso dai media locali nel quale si legge che “solo i centri sanitari, i negozi e le ambulanze sono ancora funzionanti”.
In un comunicato diramato lunedì sera, gli organizzatori della “disobbedienza civile” hanno affermato che “viste le varie riunioni tenute e le missioni effettuate presso le massime autorità del Mali, per chiedere la messa in sicurezza delle persone e dei loro beni, siamo spiacenti di annunciare che da martedì 21 giugno, fino a nuovo avviso, entriamo in disobbedienza civile in conformità con l’articolo 121 della Costituzione del 25 febbraio 1992”.
Il governo, da parte sua, ha rassicurato che “saranno prese tutte le misure per cercare e consegnare alla giustizia gli autori di questi crimini”, affermando che la protezione delle persone e delle loro proprietà rimane “la sua priorità assoluta”.
Anche la Missione delle Nazioni Unite in Mali (Minusma) ha condannato fermamente gli attacchi perpetrati da gruppi estremisti. La Minusma ha inoltre precisato di aver inviato una missione preliminare nelle aree colpite dalle violenze per assistere i civili, oltre ad aver annunciato un’indagine “sulle circostanze precise di questi attacchi”.
Dal 2012, il Mali sta affrontando insurrezioni indipendentiste, incursioni jihadiste e violenze intercomunitarie che hanno causato migliaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati.