Più di quaranta civili sarebbero stati uccisi nel comune di Tessit, nella regione maliana di Gao, da gruppi estremisti. Lo riferiscono alcuni media locali, tra cui Sahel Media SM e Millitary Agent secondo cui i civili tuareg sarebbero prima stati cacciati dai militanti del gruppo jihadista Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin (Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani, Jnim) accusati di aiutare l’altro gruppo estremista Eigs, la locale sezione del gruppo Stato islamico. Sarebbero però poi stati uccisi dai militanti di Eigs nelle zone di Bakkal e Kaygouroutane.
Dall’inizio di febbraio il Sahel maliano è stato teatro di violenti combattimenti che vedono contrapposti i due movimenti islamisti rivali, da un lato il Jnim e dall’altro Eigs. Lo riporta Rfi, che cita fonti locali e altre di intelligence. I combattimenti si concentrano nella cosiddetta “zona dei tre confini” (Mali-Burkina-Niger) e più precisamente nella regione di Gao, intorno alla cittadina di Tessit.
All’inizio del mese sono stati i Jnim a prendere il sopravvento, grazie a numerosi rinforzi arrivati dal Mali centrale e dal Burkina Faso. Tuttavia da lunedì lo scenario sembra essersi modificato radicalmente: i combattenti dell’Eigs, per lo più con sede in Niger e Burkina Faso, sono rientrati in forze nell’area di Tessit, che avevano controllato per diversi mesi, dando il via a nuovi combattimenti. Scontri a fuoco che hanno provocato morti da entrambe le parti, ma anche tra i civili, e che non sono ancora terminati.
Gli abitanti di villaggi come Tadjalalt, Tinagghy, Bakal e Kaygouroutan sono stati costretti ad andarsene, anche perché i miliziani di entrambe le formazioni giustiziano i civili accusati di collaborazionismo con le autorità o con il gruppo ribelle: almeno otto persone sono state giustiziate da lunedì. Come nell’est del Burkina Faso, dove gli abitanti di Tibadi, Folpodi, Bonkada o Oumpoundeni, che domenica hanno ricevuto dai miliziani un ultimatum per andarsene dalle loro case entro 24 ore, lo stesso sta succedendo nella regione di Gao in Mali: agli abitanti è stato intimato di lasciare le proprie case entro 24 o 72 ore o rischiano di essere considerati combattenti nemici. In molte località nell’area sono state distrutte scuole, centri sanitari, cisterne e sono stati commessi saccheggi.
Oltre 160 famiglie, conteggiano alcune Ong locali citate da Rfi, avrebbero preso la via di Ansongo o si sarebbero diretti verso il confine con il Niger.