Almeno dodici organizzazioni politiche maliane hanno respinto domenica il periodo di transizione che, proposto il giorno prima dal governo alla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), può variare dai sei mesi ai cinque anni. In una dichiarazione rilasciata domenica citata dalla stampa locale, il “Quadro di scambio di partiti e raggruppamenti politici per una transizione riuscita” ha detto che questa scadenza, oltre a “violare la Carta della transizione, non è stata discussa in Mali e non può in alcun modo essere un’aspirazione profonda del popolo maliano”. Di conseguenza, il raggruppamento respinge questo calendario definito “unilaterale e irragionevole”. La coalizione di partiti aveva già rifiutato di partecipare alle Conferenze nazionali di rifondazione.
Nel frattempo i leader dell’Ecowas hanno annunciato un vertice straordinario sul Mali il 9 gennaio ad Accra. Il 12 dicembre, avevano chiesto le elezioni in Mali a febbraio e minacciato di imporre ulteriori sanzioni a gennaio senza un impegno delle autorità maliane a tenere le elezioni il 27 febbraio 2022. Ma le autorità maliane hanno notificato all’Ecowas che non saranno in grado di organizzare le elezioni presidenziali e legislative nel febbraio 2022, come la giunta si era precedentemente impegnata a fare.
Di fatto, il Mali rimane quindi ancora in attesa di un cronoprogramma elettorale che avrebbe dovuto portare a elezioni generali entro 18 mesi dal 15 settembre 2020. Un limbo che dura da quando il colonnello Assimi Goita ha guidato, con un pugno di altri militari, il colpo di Stato che ha messo fine al mandato dell’ex presidente Ibrahim Boubakar Keita il 18 agosto 2020. Ha ricoperto la carica di vicepresidente della transizione dal 25 settembre 2020, sotto il presidente di transizione Bah N’Daw, che ha rovesciato il 24 maggio in seguito a una disputa su un rimpasto ministeriale. Da allora, ha ricoperto la carica di presidente impegnandosi al tempo a rispettare la tabella di marcia concordata con la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale.
Sullo sfondo dell’attesa elettorale: la questione della sicurezza, sulla quale sono state fatte raccomandazioni nelle conclusioni delle Assise. È stato chiesto di attuare la legge di orientamento e di programmazione militare con la creazione di un sistema informatico per garantire il controllo del numero di personale e di mezzi messi a disposizione delle forze di difesa e di sicurezza, la continuazione dell’equipaggiamento delle forze armate (Fama), oltre che “di sviluppare nuovi partenariati militari con potenze militari per difendere meglio la sovranità del Mali e di sciogliere tutte le milizie”.
Il Paese è sprofondato nell’insicurezza dal 2012 e, nonostante il dispiegamento di forze regionali e internazionali, la situazione non si è stabilizzata e, ad oggi, è aggravata da una crisi diplomatica con la Francia generatasi dall’annuncio di Parigi di “rivedere la propria presenza militare in Mali” e dal presunto accordo di Bamako con la compagnia paramilitare privata russa Wagner. Nel frattempo gli attacchi armati in diverse zone del Paese proseguono, con diversi agguati anche alle postazioni delle forze armate maliane.