Mali, in cerca di sicurezza le comunità fanno accordi con i jihadisti

di claudia
jihadisti

Gli abitanti di Boni, nella regione maliana di Mopti, avrebbero negoziato nei giorni scorsi un accordo con i jihadisti del Serma Katiba, membro del Jnim, il Gruppo di sostegno islamico legato ad al-Qaeda. Lo riferisce Radio France Internationale precisando che questo accordo ha posto fine al blocco che la Katiba Serma aveva imposto agli abitanti dal 25 maggio.

Stando a quanto riportato da Rfi, negli ultimi mesi, gli accordi di questo tipo si sono moltiplicati, sollevando la questione del coinvolgimento delle autorità maliane e della strategia nazionale in materia.

Nel marzo dello scorso anno, a Farabougou, nella regione di Segou, è stato raggiunto un accordo diretto tra jihadisti e residenti locali. Non è durato più di qualche mese, ma è stata la prima volta che un patto è stato siglato direttamente con un gruppo jihadista, piuttosto che con i leader della comunità in qualità di mediatori, spiega Rfi.

Da allora, e soprattutto nelle ultime settimane, lo schema si è moltiplicato secondo Boubacar Ba, ricercatore maliano e direttore del Centro di analisi della governance e della sicurezza nel Sahel, interpellato dall’emittente francese.

Nell’area di Djenné, da aprile-maggio a oggi, ci sono stati circa venti accordi, ha precisato lo studioso aggiungendo che l’obiettivo è ridurre la violenza dei gruppi a fronte di un’occupazione sistematica della terra. “Le popolazioni non possono andare a coltivare e muoversi liberamente. Così, dopo diversi anni, la popolazione si è resa conto di dover negoziare per vivere in pace”, ha detto.

Boubacar Ba sottolinea che si tratta di una pace che ha un prezzo elevato: a seconda dei casi, gli abitanti accettano di pagare una tassa ai jihadisti, di obbligare le donne a portare il velo o di non mantenere più legami con l’esercito maliano. Questi accordi locali sollevano la questione della sovranità nazionale.

“Le autorità nazionali non hanno il controllo su tutti questi accordi e non sono direttamente coinvolte”,  ha spiegato a Rfi Boubacar Ba. “Ma le autorità hanno lasciato che accadesse in attesa di qualcosa di meglio, perché oggi non esiste una strategia nazionale per il dialogo. È vero che questo risolve periodicamente i problemi, ma mette in disparte lo Stato”. 

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