Dopo un mese di consultazioni in tutto il Paese e tre giorni di sintesi a Bamako, le conclusioni delle Conferenze nazionali della rifondazione sono state presentate ieri al Centro internazionale delle conferenze della capitale. Quaranta temi, diverse centinaia di raccomandazioni e una grande aspettativa: un calendario elettorale. A tal proposito, alla chiusura degli incontri il presidente della transizione, il colonnello Assimi Goïta, ha rassicurato che il governo stabilirà molto presto un calendario elettorale. Ma, di fatto, sul focale punto delle elezioni, la commissione che ha redatto il riassunto ha scelto di non prendere una decisione.
Dalla stampa locale e internazionale si apprende che i partecipanti alle Conferenze nazionali hanno chiesto un’estensione della transizione da sei mesi a cinque anni. Un prolungamento che dovrebbe secondo loro consentire alle autorità di attuare riforme istituzionali strutturanti e, di conseguenza, “portare a elezioni credibili, eque e trasparenti”.
Una conclusione alla quale si è arrivati senza la partecipazioni di diversi partiti che hanno infatti rifiutato di partecipare alle Conferenze nazionali della rifondazione considerandole troppo “costose e ridondanti”, date le numerose consultazioni nazionali già svolte. Già a metà settembre, alcuni partiti politici del Mali avevano infatti manifestato la volontà di boicottare le consultazioni. Secondo l’opposizione si tratta di una manovra per ottenere il prolungamento della durata della transizione.
Di fatto il Mali rimane quindi ancora in attesa di un cronoprogramma elettorale che avrebbe dovuto portare a elezioni generali entro 18 mesi dal 15 settembre 2020. Un limbo che dura da quando il colonnello Assimi Goita ha guidato, con un pugno di altri militari, il colpo di Stato che ha messo fine al mandato dell’ex presidente Ibrahim Boubakar Keita il 18 agosto 2020. Ha ricoperto la carica di vicepresidente della transizione dal 25 settembre 2020, sotto il presidente di transizione Bah N’Daw, che ha rovesciato il 24 maggio in seguito a una disputa su un rimpasto ministeriale. Da allora, ha ricoperto la carica di presidente impegnandosi al tempo a rispettare la tabella di marcia concordata con la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale.
Sullo sfondo dell’attesa elettorale: la questione della sicurezza, sulla quale sono state fatte raccomandazioni nelle conclusioni delle Assise. E’ stato chiesto di attuare la legge di orientamento e di programmazione militare con la creazione di un sistema informatico per garantire il controllo del numero di personale e di mezzi messi a disposizione delle forze di difesa e di sicurezza, la continuazione dell’equipaggiamento delle forze armate (Fama), oltre che “di sviluppare nuovi partenariati militari con potenze militari per difendere meglio la sovranità del Mali e di sciogliere tutte le milizie”.
Il Paese è sprofondato nell’insicurezza dal 2012 e, nonostante il dispiegamento di forze regionali e internazionali, la situazione non si è stabilizzata e, ad oggi, è aggravata da una crisi diplomatica con la Francia generatasi dall’annuncio di Parigi di “rivedere la propria presenza militare in Mali” e dal presunto accordo di Bamako con la compagnia paramilitare privata russa Wagner. Nel frattempo gli attacchi armati in diverse zone del Paese proseguono, con diversi agguati anche alle postazioni delle forze armate maliane.