La Missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite in Mali (Minusma) è oggi nel momento più critico della sua storia e rischia letteralmente di disintegrarsi, in seguito alla decisione dei paesi più potenti che contribuiscono al contingente di ritirare le proprie truppe dal Paese.
La Germania è solo l’ultima nazione a ritirare i suoi 1.200 caschi blu, che lasceranno il Mali entro maggio 2024. Il ministro della Difesa Christine Lambrecht ha assicurato che sarà una partenza ordinata, successiva al delicato momento elettorale previsto nel febbraio 2024. Prima della Germania, però, anche il Regno unito, la Costa d’Avorio e il Benin hanno fatto sapere di voler ritirare le rispettive forze l’anno prossimo, con l’Egitto che invece ha sospeso le operazioni a tempo indeterminato. La Francia è stato invece il primo Paese a decidere di ritirare il proprio contingente: le relazioni tra il Mali e i partner occidentali si sono deteriorate da quando la giunta militare guidata dal colonnello Assimi Goita ha preso il potere nell’agosto 2020 innescando una serie di nuove alleanze internazionali, molto criticate dagli ex-partner.
In particolare, l’avvicinamento repentino di Bamako a Mosca ha innescato il frettoloso ritiro di migliaia di truppe da parte della Francia, partner di lunga data per la sicurezza del Mali, ad agosto, ponendo fine a quasi un decennio di cooperazione militare. Una situazione aggravatasi dall’arrivo dei mercenari del gruppo Wagner, in supporto alle forze armate locali.
La Minusma, che ha schierato 12.000 soldati in Mali dal 2013, è l’operazione più grande delle Nazioni unite, ma anche la più sanguinosa: le sue forze di pace vengono spesso uccise o ferite in attacchi da parte di combattenti di al-Qaeda e dello Stato islamico, che dal 2012 imperversano in Mali. Le operazioni delle forze delle Nazioni unite sono ulteriormente compromesse dalle proteste pubbliche che chiedono l’espulsione delle truppe internazionali dal Paese.