Mali, l’esercito in prima linea contro i ribelli Azawad

di claudia

di Valentina Milani

L’esercito maliano, che è stato bersaglio di numerosi attacchi alle sue basi nel nord del Paese da parte dei ribelli del Coordinamento dei movimenti Azawad (Cma), ha assicurato alla popolazione che è determinato ad affrontarli per “mettere in sicurezza” i maliani e “garantire l’integrità del territorio”, ha dichiarato ieri il suo portavoce, il colonnello Souleymane Doumbia.

“Chiediamo alla popolazione di avere pazienza e assicuriamo loro che l’esercito maliano sta lavorando. In una guerra ci sono vittorie e sconfitte, ma è la fine che conta. Sappiamo che ci sono mani invisibili dietro questa aggressione. Abbiamo liberato i partner non necessari per prendere in mano il nostro destino”, ha detto il portavoce durante un briefing con la stampa a Bamako.

“Questa guerra ci è stata imposta e la combatteremo fino all’ultimo respiro”, ha aggiunto il colonnello Doumbia il quale ha sottolineato che il mese di settembre è stato “troppo movimentato”, con una serie di attacchi terroristici, in particolare quello del 7 settembre contro la nave di Timbuctù, che ha causato la morte di 65 civili e soldati, e quello del 17 settembre a Léré, dove sono stati uccisi cinque soldati e una quarantina di terroristi.

Un grande convoglio delle Forze armate maliane, composto da un centinaio di mezzi, è infatti partito ieri pomeriggio da Gao diretto a Kidal, roccaforte dei ribelli tuareg del Cma in quella che potrebbe essere l’offensiva dell’esercito contro i ribelli del nord del Mali. Lo si apprende da fonti locali, che riferiscono che del convoglio fanno parte anche alcuni mezzi degli istruttori russi del gruppo Wagner. Tra Gao e Kidal ci sono circa 300 chilometri.

Secondo l’Afp, che cita funzionari maliani della sicurezza, il convoglio è composto precisamente da 119 mezzi e procede lentamente a qualche decina di chilometri da Gao. La decisione di movimentare le truppe è stata presa domenica, durante una riunione dei capi della sicurezza nazionale maliana, e avviene in un teatro di conflitto molto complesso: dalla fine di agosto sono riprese le ostilità da parte dei gruppi armati separatisti, prevalentamente tuareg, mentre anche gli attacchi jihadisti di al-Qaeda e dello Stato Islamico si stanno intensificando. Lo scenario è quello di un tutti contro tutti.

L’insubordinazione di Kidal, un grave problema di sovranità per il Mali, è un vecchio motivo di irritazione per Bamako, anche per la giunta che ha preso il potere con la forza nel 2020. I colonnelli hanno fatto del ripristino del controllo statale su tutto il territorio uno dei loro punti di forza.

Kidal occupa un posto speciale nella geografia, nella politica e nella coscienza del Sahel: è uno scalo cruciale tra Mali e Algeria, a più di 1.500 chilometri e a 24 ore di auto dalla capitale Bamako, a centinaia di chilometri dalle altre grandi città del nord e non è lo Stato centrale che lo governa e mantiene l’ordine, ma il Coordinamento dei Movimenti Azawad (Cma), un’alleanza di gruppi armati a maggioranza tuareg.

La regione di Kidal è stata una delle prime a cadere nelle mani dei ribelli, alcuni separatisti, altri salafiti, dopo lo scoppio delle insurrezioni nel nord del Mali nel 2012. La regione è poi caduta sotto il controllo esclusivo dei salafiti, poi è stata presa in mano dal separatisti nel 2013 in seguito all’intervento francese in Mali e, da allora, Kidal è sotto il loro controllo. I ribelli hanno inflitto una pesante sconfitta all’esercito maliano quando ha cercato di riprendere il controllo della regione, nel 2014.

Gruppi armati indipendentisti e autonomisti hanno firmato un accordo di pace con il governo nel 2015 in Algeria mentre i jihadisti hanno continuato a combattere l’esercito maliano e la presenza straniera ed hanno esteso le loro azioni al Mali centrale, al Burkina Faso e al vicino Niger, contribuendo a far precipitare il Sahel in una profonda situazione di insicurezza, crisi umanitaria e politica. L’accordo firmato nel 2015 oggi sta andando in frantumi.

Questi sviluppi coincidono con il ritiro in corso della missione Onu, espulsa dalla giunta. La Minusma, questo il nome della missione, ha iniziato a consegnare i suoi campi alle autorità maliane ma i separatisti tuareg ritengono che i territori che le Nazioni unite nel nord stanno riconsegnando dovrebbero andare sotto il loro controllo in base agli accordi precedenti firmati ad Algeri. La missione Onu deve però ancora liberare i campi di Kidal, ma anche Aguelhok e Tessalit, ancora più a nord, entro il 31 dicembre.

Il capo della giunta militare maliana, il colonnello Assimi Goïta, ha assicurato, a margine delle recenti celebrazioni per l’indipendenza, che lo Stato riprenderà il controllo di tutti i territori del nord.

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