Sono passati dieci giorni da quando l’esercito ha lanciato la sua operazione di “riconquista” in Mali: un centinaio di veicoli sono partiti da Gao lunedì 2 ottobre per occupare le basi che la Missione delle Naizoni Unite Minusma si prepara a lasciare nella regione di Kidal. L’offensiva ha già scatenato violenti combattimenti con i gruppi armati del Nord, membri del Quadro Strategico Permanente (Csp) e firmatari dell’accordo di pace del 2015.
Radio France Internationale (Rfi) fa notare che, nonostante la ripresa della guerra, che ha già fatto decine di vittime, la classe politica del Mali si sta distinguendo per il suo silenzio. Il contesto di transizione militare e la delicatezza dell’argomento, che tocca l’esercito e la sovranità nazionale, spingono i partiti politici al massimo riserbo.
Rfi ha intervistato, in via ufficiosa, alti esponenti dei principali partiti politici del Paese che sostengono, appoggiano o si oppongono alle autorità di transizione. Coloro che hanno accettato di esprimere le loro opinioni lo hanno fatto a condizione di anonimato.
“Per il momento, tutti noi auguriamo al nostro esercito la migliore fortuna”, ha detto un ex ministro.”È un peccato che non si sia discusso prima con i gruppi armati dell’occupazione delle basi Minusma, in modo che lo si potesse fare in modo pacifico”, ha aggiunto.
“Questa offensiva è un’opportunità per le autorità pubbliche di riprendere il controllo dell’intero territorio”, ha invece detto a Rfi il leader di un importante gruppo armato. il quale tuttavia ritiene che “si debba fare di tutto” per ristabilire il dialogo e “raggiungere rapidamente un accordo”, altrimenti il Mali potrebbe “sprofondare in una guerra difficile e molto costosa, il cui esito è incerto”.
“Non si tratta di legittimare una guerra, ma di fermare l’emorragia”, ha detto un altro ex ministro, che appartiene a uno dei principali raggruppamenti politici del Mali e che avverte che “anche se le Fama recuperassero tutte le basi in tutto il Mali, ciò non sarebbe una garanzia di stabilità e di pace nel nord del nostro Paese, anzi”. A suo avviso, “la priorità è fermare le ostilità, che non sono affatto una condizione essenziale per raggiungere gli obiettivi” dichiarati dalle autorità maliane di transizione.
“La legittimità dell’offensiva deriva dalla delegittimazione dell’accordo di pace: avremmo preferito il dialogo tra i fratelli del Mali piuttosto che una guerra fratricida”, ha da parte sua affermato un leader dell’opposizione, secondo cui “la soluzione non sarà mai militare. Occupare Kidal e le altre città della regione non sarebbe la fine, ma l’inizio di una lunga guerra”.
Alcuni degli esponenti politici che hanno risposto a Rfi sono strenui oppositori, mentre altri collaborano quotidianamente con le autorità maliane di transizione.