di Valentina Geraci e Carla Zurlo
Scontri tra manifestanti e forze dell’ordine hanno scosso la capitale del Senegal. Sui social circolano video di esplosioni, gas lacrimogeni, copertoni bruciati e pietre lanciate sull’asfalto. Nel giorno del processo tra il ministro del Turismo Mame Mbaye Niang e il leader dell’opposizione Ousmane Sonko, imputato per diffamazione, i sostenitori di Sonko sono scesi in piazza per supportare il candidato alle elezioni presidenziali del 2024.
Scene di guerriglia urbana quelle che si sono viste giovedì a Dakar, giorno dell’udienza contro Ousamane Sonko, leader del partito di opposizione Pastef (Senegal per il lavoro, l’etica e la fratellanza). Arrivato terzo alle elezioni presidenziali del 2019 con il 15,67% di voti, oggi Sonko è il candidato dell’opposizione più forte in corsa alle presidenziali del 2024.
Sonko è arrivato in Tribunale nella mattinata di ieri per rispondere alle accuse di diffamazione contro il Primo Ministro Mame Mbaye; salvo chiedere l’intervento di un medico pochi minuti dopo, lamentando giramenti di testa e malessere. L’udienza è stata sospesa e rinviata al 30 marzo. A questo terzo rinvio hanno fatto eco le parole del ministro Mame Mbaye: “Fa solo cinema e teatro. Fa di tutto affinché questo processo non possa aver luogo. ».
Le strade più importanti della capitale sono state bloccate dai manifestanti, con copertoni bruciati e pietre lanciate sull’asfalto. Sacre Coeur, Liberté 6 e Mermoz sono state le zone più colpite, forse perché in prossimità della residenza di Sonko.
Durante gli scontri sono stati dati alle fiamme un supermercato della catena francese Auchan e tre autobus della compagnia senegalese di trasporti “Dem Dikk”. La polizia, in tenuta antisommossa, ha risposto con il lancio di lacrimogeni contro manifestanti e giornalisti. Secondo la stampa locale sarebbero circa 50 i feriti e 180 le persone arrestate. Tra i feriti anche l’attivista Guy Marius Sagna, che sui social ha mostrato una ferita alla gamba destra.
Queste manifestazioni rappresentano per i sostenitori di Sonko la risposta all’imponente macchina del fango gestita da Macky Sall contro l’opposizione. Nel gennaio del 2018 il leader di Pastef aveva infatti accusato il Presidente, il suo entourage e il fratello Aliou Sall, di corruzione. La risposta del governo, secondo buona parte dell’opinione pubblica, è stata una serie di accuse strumentali di stupro e minacce di morte nei confronti di una giovane massaggiatrice, quando Sonko era già sindaco di Ziguinchor, nel 2021.
In questo clima di diffidenza e in vista dell’udienza per diffamazione, programmata per il 16 marzo, già nei giorni precedenti al processo Sonko aveva lanciato un appello ai suoi sostenitori, richiamandoli ai principi della giustizia e dell’onestà: “il 14, il 15 e il 16 (marzo), permesso o no, affronteremo Macky Sall, la sua polizia e la sua gendarmeria”.
La popolarità di Sonko continua a crescere rapidamente tra i giovani senegalesi che si rispecchiano in lui e nella sua lotta contro la politica tradizionale e la corruzione.
Alla base delle manifestazioni ci sarebbe anche, e soprattutto, una forte opposizione alla presunta incostituzionalità di un terzo mandato di Macky Sall, sebbene, allo stato attuale, il Presidente non abbia ancora espresso la volontà di ricandidarsi. Sono sempre più insistenti le voci sulla sua intenzione di presentarsi per un “secondo quinquennio” invece che per un“terzo mandato”, aggirando così il limite di due mandati previsto dalla Costituzione senegalese.
Rispetto alle manifestazioni che continuano a interessare il Senegal, c’è chi come Ali, commerciante della zona di Sacre Coeur 3, condanna la violenza dei manifestanti, perché: “ Il Senegal è un paese stabile, non come alcune aree della Nigeria o della Libia. La violenza non ci appartiene. I manifestanti hanno bruciato degli autobus ma in quegli autobus non vanno né i figli del Presidente né i figli di Sonko. Ci andiamo noi.” Altri, come Jamal, studente di meccanica nel quartiere di Medina, si schiera dalla parte dei manifestanti perché “ la polizia non può impedire a un cittadino di spostarsi, di parlare, di esprimere la propria opinione. Quando si è attaccati, bisogna difendersi.”.
Queste manifestazioni sono un esempio lampante delle crescenti tensioni a meno di un anno dalle elezioni presidenziali, tensioni che fanno temere per un Paese considerato stabile.
E alla domanda “Ci sarà forse una rivoluzione civile?”, emerge il tema delle grandi famiglie religiose. Imam e Marabout sembrano avere una certa influenza nel mantenere il controllo del Paese, così come testimoniato nel corso delle manifestazioni del 2021.
Il Senegal, paese costituzionalmente laico, cerca dunque un equilibrio complesso tra politica e identità culturale e religiosa. Ma cosa succederà adesso?