Marco Pannella e quell’idea per sconfiggere il traffico di esseri umani

di Enrico Casale
marco pannella

marco pannellaL’immigrazione è l’Olocausto moderno. Così la pensava Marco Pannella, il leader radicale morto ieri all’età di 86 anni. Con lui si poteva essere o meno d’accordo sul merito delle sue battaglie, ma non gli si poteva e non gli si può non riconoscere una vera passione politica. Una passione che lo ha portato a impegnarsi a fondo per i i diritti umani. Famose le sue battaglie per l’istituzione della Corte penale internazionale, per la moratoria sulla pena di morte, contro le mutilazioni genitali femminili. E, proprio perché i diritti umani gli stavano particolarmente a cuore, che si era impegnato a favore degli immigrati.

Poco più di un anno fa era stato chiamato a dare una sua testimonianza sulle migrazioni commissione Diritti umani del Senato presieduta da Luigi Manconi. La sua era un’audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sui livelli e i meccanismi di tutela dei diritti umani, vigenti in Italia e nella realtà internazionale.

«Vogliamo – disse in quell’occasione – che siano costretti loro, decine di migliaia di disperati, a venire qui, per mangiare e sfuggire allo sterminio per fame e guerra? No. E allora la nostra proposta è che gli imprenditori italiani, invece di andare chissà dove nel mondo, dalla Svizzera al Venezuela, da Brooklyn a vattelapesca andassero in Nordafrica a fare impresa, anche a coltivare la terra” e creando le condizioni per lo sviluppo economico».

Pannella ricordò in quell’occasione all’agenzia stampa AdnKronos: «Il manifesto radicale contro lo sterminio per fame fin dalla fine degli anni Ottanta cominciò a raccogliere le firme di diversi premi Nobel, in tutto siamo arrivati a quota 180. Purtroppo, anche se qualcosa si mosse, e si riuscì a creare qualche flusso di intervento in Africa, poi nel sistema dell’informazione nostrano scese una cortina di silenzio».

Ma, a suo parere, quell’impostazione era ancora valida. Gli imprenditori potevano e dovevano investire in Africa per aiutare gli africani. «Certamente – disse -, intanto il mare è lo stesso, le colture sono le stesse. Bisogna smetterla di guardare Oltreoceano. E non mi si venga a parlare di neo colonialismo mascherato: la Tunisia è qui di fronte a noi…».

Un’idea, quella degli investimenti italiani in Africa, che non è morta. Come ha dimostrato la Conferenza Italia-Africa che si è tenuta mercoledì…

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