Boko Haram focalizza su di sé l’attenzione, ma le popolazioni sono da anni in balia anche delle milizie paramilitari che dovrebbero difenderle. E le elezioni in calendario a febbraio rischiano di aggravare la situazione.
Uno dei danni collaterali della presenza del gruppo terrorista Boko Haram in Nigeria sono le milizie. Circa 25.000 suppletivi nel solo Stato del Borno, armati dall’esercito e conosciuti come Civilian Joint Task Force (foto), rappresentano una minaccia per la popolazione non meno pericolosa di quella dei guerriglieri islamici. Come già accaduto tante altre volte in numerosi quadranti del mondo, i civili divengono ostaggio di una duplice violenza, dove ogni colpo è permesso.
Le milizie hanno respinto i Boko Haram dalle città e dai villaggi urbanizzati verso la campagna e la foresta. Così si è formata una specie di terra di nessuno rurale, con villaggi “protetti” presi di mira da entrambi. Violenza contro le donne, tortura e uccisioni mirate, racket e prostituzione nei campi rifugiati: la violenza generalizzata si è diffusa a macchia d’olio, costringendo la popolazione a fuggire. Le milizie hanno anche litigato fra loro a causa della suddivisione delle sovvenzioni statali e molti miliziani lamentano di non essere pagati regolarmente: un fenomeno che provoca l’aumento della violenza sui civili.
Così come all’inizio degli anni Duemila il nascente movimento Boko Haram fu utilizzato dai notabili locali come massa di manovra armata per vincere le elezioni locali mediante l’intimidazione, ora tale compito è affidato alle milizie, divise in fazioni. Le elezioni generali del 2019 le vedranno all’opera nel sostegno di vari candidati, come fossero dei piccoli eserciti privati.
Il grande specialista francese di Nigeria, Marc-Antoine Pérouse de Montclos, ha denunciato tale deriva sulle pagine della stampa, creando scandalo. Il guaio è che gli stessi comandanti delle milizie e gli ufficiali dell’esercito regolare oggi si lamentano di non avere più il controllo. Qualcuno già denuncia il fatto che alcune milizie si stiano accordando con i Boko Haram per spartirsi le zone di influenza. La cura sta diventando peggiore del male, o quantomeno lo sta diffondendo.
Ma anche i miliziani hanno le loro rimostranze, accusando reparti dell’esercito di vendere armi ai terroristi o di aver rilasciato in cambio di denaro alcuni sospettati catturati dalle milizie. Un sordo rancore sociale monta in tutta l’area anche a causa della legge che permette agli ex Boko Haram che si arrendono di ricevere un sostanziale aiuto di reinserimento, mentre molti miliziani fanno la fame. Per tali ragioni la tendenza Boko Haram di Habib Mohammed Yusuf “al-Barnawi” (quella che si è affiliata ufficialmente ad al-Qaeda e poi a Daesh) ha fatto sapere di essere pronta a reclutare i miliziani pentiti, pronti a servire «la causa del jihad».
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Mario Giro è docente di relazioni internazionali. Già viceministro degli Affari esteri e responsabile delle relazioni internazionali della Comunità di Sant’Egidio. Esperto in mediazioni e facilitazioni nei conflitti armati, cooperazione internazionale e sviluppo, Africa, Medio Oriente e America Latina. Autore di vari saggi e collaboratore di numerose riviste, ha recentemente pubblicato per Mondadori La globalizzazione difficile.