I giornalisti marocchini Omar Radi e Imad Stitou sono stati rispettivamente condannati lunedì a sei anni di carcere e un anno di carcere, di cui sei mesi con la condizionale, dalla Corte d’Appello di Casablanca. Il caso Radi, molto seguito dai difensori della libertà di stampa, fa già discutere da oltre un anno, da quando il giornalista investigativo e difensore dei diritti umani Omar Radi (foto di apertura) è stato arrestato e posto in detenzione cautelare. Radi era imputato per due capi d’accusa, l’uno riguardante l’attentato alla sicurezza e l’altro un caso di stupro e offesa al pudore.
Nel primo caso è stato accusato di “intelligence” in particolare con due società di consulenza economica britanniche, G3 e K2 Consulting. Il giornalista ha affermato di aver collaborato con queste aziende per realizzare studi su una società marocchina e sulla coltivazione della palma. Radi, 35 anni, è in custodia cautelare dal luglio 2020 e ha sempre affermato di essere perseguito per le sue opinioni critiche nei confronti del governo marocchino. L’inchiesta per “stupro” è stata aperta a fine luglio 2020 a seguito di una denuncia di una collega di Radi. Se il giornalista parla di “rapporti volontari”, la denunciante afferma di non essere stata consenziente. Sitou, che era chiamato a testimoniare a favore di Radi, si è ritrovato anche lui sotto accusa e anche lui condannato.
All’annuncio del verdetto, in sala sono scoppiate le proteste e i sostenitori del giornalista hanno improvvisato un sit-in di contestazione. La condanna è stata pronunciata poche ore dopo le rivelazioni della rete Forbidden Stories e di Amnesty International sull’utilizzo di uno spyware Pegasus da parte di alcuni governi per spionare attivisti, giornalisti e personalità nel mondo. Omar Radi figura nella lista delle persone ipoteticamente sotto sorveglianza.
“Questo verdetto è vergognoso”, denuncia il segretario generale di Reporter senza frontiere (Rsf), Christophe Deloire. “Nel bel mezzo del caso Pegasus, e pochi giorni dopo aver pronunciato un’analoga decisione nel caso Rassouni, il sistema giudiziario marocchino insiste nel negare l’ingiustizia dei suoi procedimenti, e nell’emettere sentenze che condannano severamente i giornalisti privati di giusto processo”. Solo pochi giorni fa, lo stesso tribunale ha condannato un noto giornalista molto critico nei confronti del governo, Soulaimane Rassouni, a cinque anni di carcere dal tribunale di Casablanca, ufficialmente per violenza sessuale, un’accusa che il giornalista ha sempre smentito.
“Nonostante il giornalista sia perseguito in due casi distinti, le due accuse sono in realtà collegate e sono state trattate congiuntamente dalle autorità”, sottolinea Rsf, che denuncia una “confusione che solleva seri dubbi sull’equità del suo processo”. Tanto più che questo giornalista investigativo, che è anche un attivista per i diritti umani e che ha co-fondato il sito di notizie Le Desk, “era già nel mirino delle autorità da almeno tre anni”. Nel dicembre 2019 era stato condannato a quattro mesi con la condizionale per “oltraggio alla corte” basata su un singolo tweet pubblicato otto mesi prima.
Anche Amnesty International denuncia “flagranti violazioni delle norme procedurali” nel processo a Radi e chiede, attraverso la giurista Amna Guellali, vice direttrice regionale di Amnesty International per il Nord Africa e il Medio Oriente, un nuovo processo in tempi rapidissimi, in conformità con le norme internazionali. Guellali sostiene che rima del suo arresto, Omar Radi è stato molestato dalle autorità per il suo coraggioso lavoro giornalistico in cui criticava le violazioni dei diritti umani e denunciava la corruzione. “Gli è stato negato il diritto di preparare una difesa adeguata, a lui e al suo team legale è stato negato l’accesso ad alcune delle prove contro di lui e tutte le loro richieste di chiamare testimoni per la sua difesa nei casi che lo riguardavano sono state respinte. È stato anche tenuto in isolamento per quasi un anno”.