Il piccolo Ryan non ce l’ha fatta. Poco fa i soccorritori sono riusciti a portare in superficie il bimbo di cinque anni, rimasto incastrato in un pozzo in Marocco da martedì. Tuttavia un comunicato del palazzo reale – citato da media arabi – ha annunciato “che il bambino è morto a causa delle ferite riportate durante la caduta”. L’agenzia di stampa statale marocchina, Maghreb Arab Press e SNRTI riferiscono che “il re del Marocco Mohammed VI ha espresso le sue condoglianze ai genitori del bambino”.
Ryan Oram era caduto in un pozzo a 32 metri di profondità a Tamrout, 100 chilometri da Chefchaouen sui monti del Rif; la larghezza dello spazio dove si trovava non supera i 25 centimetri. Nelle ultime ore gli erano inviati – con un tubicino – acqua e ossigeno. Un Paese intero, il Marocco, è rimasto incollato a tv e canali web che hanno trasmesso in diretta le difficili operazioni di soccorso. La folla che si è accalcata attorno al pozzo ha accompagnato con le preghiere il ritmo dei lavori, giorno e notte. Milioni di persone hanno seguito con il fiato sospeso ogni fase della difficilissima operazione di salvataggio e l’angosciante corsa contro il tempo.
Per tentare di salvarlo, i soccorritori hanno scavato un altro tunnel, molto più grande, a pochi passi dal suo pozzo; arrivati in profondità, ieri mattina all’alba gli uomini della Protezione Civile hanno cominciato centimetro dopo centimetro a scavare in orizzontale una galleria per raggiungere il pertugio di Rayan senza farlo crollare. C’era il pericolo che il bimbo scivolasse ancora più in basso. Stamattina i soccorritori erano arrivati a pochi metri del piccolo, che respirava a fatica ma era riuscito a ricevere cibo per sfamarsi e a parlare via radio con il padre. L’ultimo ostacolo per raggiungerlo era rappresentato da una roccia che per ore, stamattina, è stata picconata con tenacia.
La storia di Rayan, a noi italiani, ricorda quella di Alfredino Rampi, Vermicino 1981. Purtroppo anche l’epilogo di questa triste vicenda.