In Marocco, un’ondata di sdegno e commozione si è sollevata per la storia di Khadija, una ragazza di 17 anni, rapita, violentata e torturata dal branco che l’ha tenuta in ostaggio per tre mesi, a pochi chilometri da Casablanca. In dieci, forse addirittura in 12, le hanno lasciato oltre ai segni della tortura anche orribili tatuaggi su tutto il corpo.
La rete si è subito mobilitata con una raccolta di fondi per aiutarla a uscire dall’incubo; la petizione ha raggiunto le 15mila firme. Un disegno che riproduce una ragazza nuda e tatuata col volto coperto dalla scrittura Sos è diventato virale insieme all’hashtag #siamotuttikhadija.
La storia è stata rivelata dalla stessa vittima che nei giorni scorsi, dopo aver denunciato le violenze subite, ha deciso di raccontare tutto in tv. «Non riuscirò mai a perdonarli, mi hanno distrutta», ha detto mentre la telecamera mostra la croce uncinata, i disegni pornografici e gli insulti tatuati sulla sua pelle. «Ho tentato un sacco di volte di scappare, sono sempre riusciti a prendermi. Non potevo mangiare né bere e nemmeno lavarmi», ha raccontato. E ha aggiunto: «mio padre ha pregato uno di loro di liberarmi in cambio del silenzio. Solo così sono riuscita a tornare a casa. Sono stata io a denunciare tutto alla polizia. Voglio giustizia».
Nel più assoluto riserbo l’inchiesta procede; una dozzina di sospetti sarebbero stati interrogati e ci sarebbe anche la data di una prima udienza fissata il 6 settembre. Tutte indiscrezioni diffuse dai giornali locali e non confermate. Lo shock è totale, ma tra raccolte di firme e tatuatori che si offrono di cancellare gli orribili disegni, ai giornali sfugge il nome di famiglia della vittima che è anche minorenne.
Nel 2017 i casi di violenza denunciati sono stati 1.600, pari al doppio di quelli dell’anno precedente.