Alla fine l’ha vinta lui, ma la sua storia dimostra come, anche in un Paese che si pensa aperto e dialogante come il Marocco, sia difficile fare il giornalista. Lui è Ali Lmrabet, direttore di giornali satirici, autore di numerose inchieste e scoop. Ieri ha annunciato che sospenderà lo sciopero della fame che aveva intrapreso 35 giorni fa. La decisione arriva dopo il comunicato del ministero degli Interni marocchino che gli ha assicurato che non solo potrà riavere i suoi documenti, ma che potrà anche riprendere a scrivere.
La sua vicenda giuridico-professionale inizia nel 2003. È in quell’anno che Ali Lmrabet viene condannato (e poi graziato l’anno successivo) per «oltraggio alla persona del Re» e «attentato all’integrità territoriale del regno» per essere andato nei campi profughi sahrawi di Tindouf, in Algeria, e aver detto che le persone che vivevano lì non erano dei «sequestrati» del Fronte Polisario (tesi sostenuta dalle istituzioni marocchine), ma semplici rifugiati. Sempre in quell’anno, le autorità lo obbligano a chiudere «Demain», il giornale satirico che dirige.
A seguito di un altro processo, nel 2005, subisce una condanna a dieci anni di interdizione alla professione. Lmrabet accetta il verdetto e continua a lavorare in Spagna, prima come inviato speciale di «El Mundo», poi come freelance. Il lavoro in Spagna gli piace, ma lui vuole rientrare in patria e riprendere a pubblicare i suoi giornali. Scaduti, l’11 aprile, i dieci anni di interdizione, chiede alle autorità marocchine di poter rientrare nel suo Paese. Rabat si mette di traverso. In mancanza di appigli giuridici, i funzionari marocchini trovano un altro modo per farlo rimanere in esilio: privarlo della propria identità rifiutando di rinnovargli i documenti.
E lui, in segno di protesta inizia uno sciopero della fame che dura 35 giorni. Fino a quando, appunto, il ministero degli Interni gli dà il via libera al rientro. Quando sarà dimesso dall’ospedale di Ginevra, dove è attualmente ricoverato, Ali Lmrabet potrà fare domanda al consolato di Barcellona per rinnovare il suo passaporto. In seguito potrà rientrare in Marocco dove, dopo tre mesi, sarà in grado di ricevere il certificato di residenza e riavere i suoi documenti.
Una indubbia vittoria, ma fatta di pressioni internazionali (è stata inviata una lettera a Re Mohammed VI firmata da alcuni importanti esponenti della letteratura mondiale), scioperi della fame, appelli. È la fatica di fare il giornalista in un Paese, il Marocco, nel quale la libertà di stampa non è ancora una priorità (non è un caso che occupi il 130° posto su 180 nella classifica stilata da Reporter senza Frontiere).