di Céline Camoin
Le immagini di decine di corpi di migranti ammassati e sdraiati a terra, in un evidente stato di shock (sembrano addirittura corpi senza vita) in un recinto del posto di frontiera di Barrio Chino, sono diventate virali e rappresentative del dramma accaduto venerdì scorso tra Nador, nel nord del Marocco, e la vicina enclave spagnola di Melilla. Questi corpi sono quelli dei migranti fermati, in molti casi con la violenza, dalle forze di sicurezza marocchine preposte alla sorveglianza del confine, e lasciati lì per ore, con ferite aperte, fratture o contusioni.
“Decine di migranti stipati in un ambiente angusto, alcuni dei quali hanno ricevuto percosse, sono rimasti ore senza assistenza e trattati con violenza. La sera di venerdì il bilancio era già di 27 migranti deceduti, presenti all’obitorio locale”, ha raccontato a Enass Media Omar Naji, esponente dell’Associazione marocchina per i diritti umani (Amdh), testimone della giornata di venerdì.
“Sono fatti mai visti, un bilancio di vittime così alto mai registrato, che prova la brutalità con la quale i migranti sono stati trattati e la mancanza di soccorsi da parte delle autorità”, sottolinea Omar Naji.
L’ospedale Hassani è stato riempito di feriti, sia migranti che agenti delle forze dell’ordine, e i casi più gravi sono stati trasferiti verso un altro ospedale.
Decine di migranti sono stati arrestati, sono comparsi davanti al procuratore, e sono stati annunciati processi nei confronti di 68 persone, per aver organizzato e facilitato l’ingresso e l’uscita irregolari di stranieri da e verso il Marocco, nell’ambito di una banda organizzata, fatti che classificano il reato come tratta di esseri umani. Gli interessati, tutti in custodia cautelare, sono anche perseguiti per “rapimento e detenzione di un agente delle forze pubbliche marocchine”, “incendio boschivo” sulle alture di Gourougou che fungeva da rifugio, “disobbedienza” e “raduno armato”.
L’Amdh Nador, come diverse altre organizzazioni, chiede un’indagine seria e indipendente per definire le responsabilità davanti a questo dramma umano, giudicare il comportamento delle forze di sicurezza, e chiama a una mobilitazione della società civile di fronte a questa situazione inedita, che “mostra il vero volto delle politiche migratorie marocchine e spagnole, soprattutto a seguito delle ultime intese tra i due Paesi e tra i due ministeri degli Interni”, ha deplorato Omar Naji.
I fatti sono iniziati venerdì mattina quando centinaia di migranti subsahariani e sudanesi, armati di pietre e di bastoni, hanno tentato a piedi un’incursione violenta a Melilla a partire dalle foreste di Nador. Le forze dell’ordine sono intervenute prima della barriera di confine. Sono scoppiati scontri tra gli agenti e i migranti.
Il Comitato delle Nazioni Unite sui Lavoratori Migranti ha chiesto oggi al Marocco e alla Spagna di indagare immediatamente e in modo completo sulle cause della morte di 23 migranti – questo il bilancio ufficiale – che hanno partecipato al tentativo di attraversamento. “Resta da stabilire se le vittime siano morte cadendo dalla recinzione, nella fuga precipitosa o a seguito di qualche azione degli agenti di frontiera”, ha affermato l’organismo delle Nazioni Unite incaricato di garantire il rispetto della Convenzione internazionale sui diritti di lavoratori migranti, di cui il Marocco è firmatario.
Alcune voci della società civile sottolineano che il Marocco non può assumersi da solo il pesante fardello di proteggere il confine meridionale dell’Unione Europea ma che ognuno assumi la propria parte di responsabilità.