di Céline Camoin
Il partito di governo in Mauritania, El Insaf, è uscito in netto vantaggio al primo turno delle elezioni del 13 maggio scorso nella maggioranza dei collegi elettorali della Mauritania. Almeno 80 deputati dell’Insaf, sui 176 in Parlamento, sono stati eletti. L’Insaf ha vinto anche nella maggioranza dei comuni e in tutti i consigli regionali.
I partiti dell’opposizione si dividono complessivamente 24 seggi in Parlamento e denunciano molte disfunzioni osservate durante il voto. Un secondo turno sarà necessario in 22 circoscrizioni per 36 seggi in Parlamento, mentre un solo comune, Guidimakha, deve organizzare un ballottaggio.Saranno ancora in palio 36 seggi nel secondo turno delle elezioni legislative, in programma il prossimo fine settimana.
Il partito islamista di Tawassoul rimane prima forza di opposizione con 9 seggi in Parlamento, ma con un netto calo, rispetto ai 14 ottenuto nel 2018. La coalizione Sawab-Rag, a cui si è unito l’ex deputato antischiavitù Biram Dah Abeid, ottiene solo 5 seggi, un risultato molto inferiore alle aspettative. La nuova coalizione Frud ha creato una sorpresa una sorpresa ottenendo 6 poltrone. Il tasso di partecipazione è stato del 71,8%. I risultati provvisori dovranno ancora essere convalidati dalle alte autorità giudiziarie.
I tradizionali partiti dell’opposizione politica mauritana hanno subito un duro colpo alle elezioni. Lo sottolinea in un editoriale Bakari Gueuye del sito Initiatives News, secondo cui “questa frangia dell’opposizione ha da molto tempo abbandonato i popoli al loro triste destino” e si è trasformata “nell’opposizione dei comunicati stampa”. Secondo l’autore, questa opposizione è stata sedotta, blandita e ipnotizzata dal presidente della Repubblica, Mohamed Ould el Ghazouani. “È quindi una pagina della storia del Paese quella che sta voltando, per questi grandi partiti, che dal 1992 sono stati la punta di diamante della vita politica e della lotta ai poteri successivi”
Quanto al partito islamista Tawassoul, che perde 5 seggi in Parlamento (9 contro 14) “è paralizzato dalle liti interne e dalla transumanza politica di diversi suoi dirigenti caduti nelle braccia del potere”.
“Ma è soprattutto il calo di popolarità del campo di Biram Dah Abeid ad aver attirato maggiormente l’attenzione degli osservatori”, analizza Bakari Gueuye. Presentandosi come una terza forza e molto sicuro di sé, affermava di poter fare una razzia di voti. Entrato in campagna molto presto, nella pre-campagna, Abeid aveva attraversato l’intero Paese con grade enfasi. “Curiosamente, alla fine di tutto ciò, il raccolto è stato molto scarso, addirittura catastrofico (…) per l’uomo che punta a succedere a Ghazouani nel 2024.
Questo calo di popolarità di colui che viene a volte paragonato con Nelson Mandela, per la sua lotta al regime di schiavitù, sarebbe, secondo l’autore dell’editoriale, “dovuto a diversi fattori. Primo, un problema di leadership che ha già fatto molti danni e che rischia di essere fatale. Si riduce a un eccessivo accentramento del potere e delle decisioni. Anzi, tutti coloro che sono stati una volta o l’altra nella cerchia dei suoi parenti hanno denunciato una deriva dittatoriale”, sostiene. “La sua qualità di leader è certamente indiscutibile, ma attorno a lui mancano personalità significative. Altro handicap e non meno importante, un discorso iconoclasta fisso, fatto di temi non al passo con la realtà quotidiana dei popoli e quindi poco vivace”, secondo l’analista. Quest’ultimo riferisce inoltre che l’attivista si reca molto spesso all’estero, in particolare a Dakar dove ha una casa e dove vengono educati i suoi figli, e che di fatto non ha niente a che fare con le classi inferiori che difende.
Biram Dah Abeid, dal canto suo, denuncia violazioni nel processo elettorale, un processo che secondo lui mira a “escludere partiti e personalità che hanno rifiutato di sottomettersi ai capricci del regime al potere”. Poco prima dell’annuncio dei risultati, che contesta, ha detto: “Il regime lavora per creare un’immagine negativa dei partiti che non sono soggetti alla sua volontà, soffocandoli e mostrando che non hanno base popolare”. Ha affermato che la commissione elettorale è sottomessa al ministero dell’Interno.