Perché il governo si oppone al “Global Compact”, il Patto globale sulle migrazioni? Simpatie per Visegrad e antipatia per i diritti umani…
Il Global Compact for Migration è stato definito dopo due anni di lavoro e ampie consultazioni di governi, istituzioni internazionali, enti non governativi, esperti. Ne è scaturita una proposta articolata in 23 obiettivi e, per ciascuno, diverse azioni previste, ma nessun vincolo stringente per i Paesi firmatari (che dovrebbero adottarlo a Marrakech il prossimo 10-11 dicembre). Si tratta di una specie di bussola che dovrebbe orientare le politiche, sviluppando intese tra i governi di volta in volta interessati e le scelte interne dei singoli Paesi, ma nulla di più. Nei contenuti, è un documento molto equilibrato e calibrato, che prevede tra l’altro l’impegno a contrastare i problemi strutturali che possono indurre le persone a lasciare il loro Paese, la garanzia che le migrazioni avvengano con documenti regolari, la lotta ai trafficanti e ai favoreggiatori dell’immigrazione non autorizzata, il sostegno al ritorno.
I motivi per cui Salvini ha già annunciato la sua contrarietà sembrano essenzialmente due. Il primo è simbolico, o, se si vuole, ideologico. Gran parte dei Paesi dell’Europa occidentale hanno annunciato il loro assenso. Compresi il Regno Unito della Brexit e la Grecia degli sbarchi. Altri governi (pochi) hanno già annunciato la loro contrarietà. Si chiamano Ungheria, Polonia, Slovacchia, Bulgaria, Croazia, Austria… Il nocciolo duro dei contrari è insomma il gruppo di Visegrad, a cui si è accodata l’Austria dopo le ultime elezioni: i Paesi che hanno innalzato la bandiera del sovranismo e della chiusura delle frontiere.
Per le forze al potere in questi Paesi, dire no a qualunque proposta relativa all’immigrazione è un marchio di fabbrica, il mantra attorno a cui hanno costruito il consenso politico di cui godono. Quasi un riflesso condizionato. Il primo motivo della frenata italiana e del probabile no è una scelta di schieramento: prendere le distanze dai nostri alleati storici, dalla tradizione liberale europea, per schierarsi con governi che si stanno allontanando dagli standard democratici e umanitari a suo tempo fissati dall’Ue.
Il secondo motivo si riferisce ad alcuni contenuti del Global Compact. Frutto di negoziati e compromessi, in qualche punto stride con l’impostazione del governo italiano. Prevede la disponibilità e la flessibilità di percorsi di immigrazione regolare, l’impegno a salvare le vite dei migranti in pericolo, l’impiego della detenzione dei migranti solo come misura di ultima istanza, l’accesso ai servizi di base e altre linee d’indirizzo che rafforzano i diritti dei migranti. Forse per un governo come l’attuale si tratta di idee troppo sensibili ai diritti umani per essere accettabili.
Maurizio Ambrosini. Docente di Sociologia delle Migrazioni nell’Università degli Studi di Milano, insegna anche nell’Università di Nizza. È responsabile scientifico del Centro Studi Medì di Genova, dove dirige la rivista Mondi Migranti e la Scuola estiva di Sociologia delle migrazioni.