La Turchia fa da sola, contro tutti. Ankara è determinata a proseguire le sue controverse trivellazioni in cerca di idrocarburi nel Mediterraneo orientale, nonostante l’emergenza Covid-19. Lo ha dichiarato il ministro dell’Energia di Ankara, Fatih Donmez, precisando che la nave da perforazione Fatih avvierà da luglio le sue prime attività anche nel mar Nero. In un’intervista all’agenzia statale Anadolu, il ministro ha spiegato che la compagnia petrolifera di stato Turkish Petroleum ha inoltre presentato una richiesta per condurre attività di esplorazione nel Mediterraneo orientale. Ankara pretende di avere diritti su quell’area del Mediterraneo sulla base del memorandum d’intesa siglato il 27 novembre a Istanbul tra la Turchia e il Governo di accordo nazionale libico (Gna) di Fayez al-Sarraj per la delimitazione dei confini marittimi. Intesa che però è ritenuta illegittima dalla comunità internazionale.
Lunedì scorso, i ministri degli Esteri di Egitto, Cipro, Grecia, Francia e Emirati Arabi Uniti (Eau) in una nota congiunta, dopo un incontro in teleconferenza, «sottolineano l’importanza strategica di rafforzare e intensificare le loro consultazioni politiche e elogiano i risultati della riunione del Cairo dell’8 gennaio 2020 per il miglioramento della sicurezza e della stabilità nel Mediterraneo orientale esprimendo la loro più profonda preoccupazione per l’attuale escalation e continue azioni provocatorie nel Mediterraneo orientale» da parte della Turchia.
I ministri firmatari «denunciano le attività illegali turche in corso nella zona economica esclusiva cipriota e nelle sue acque territoriali, in quanto rappresentano una chiara violazione del diritto internazionale, come indicato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. È il sesto tentativo da parte della Turchia in meno di un anno di condurre illegalmente operazioni di perforazione nelle zone marittime di Cipro». Esortano «la Turchia a rispettare pienamente la sovranità e i diritti sovrani di tutti gli Stati nelle loro zone marittime nel Mediterraneo orientale» e ribadiscono «che il memorandum d’intesa sulla delimitazione delle aree giurisdizionali marittime nel Mediterraneo e il memorandum d’intesa sulla sicurezza e la cooperazione militare, firmati nel novembre 2019 tra la Turchia e Fayez al-Sarraj, sono rispettivamente in violazione del diritto internazionale e dell’embargo sulle armi delle Nazioni Unite in Libia e che entrambi minano la stabilità regionale. I ministri hanno ricordato che il protocollo d’intesa sulla delimitazione delle giurisdizioni marittime nel Mar Mediterraneo viola i diritti sovrani dei Paesi terzi, non è conforme al diritto del mare e non può produrre conseguenze giuridiche per i paesi terzi».
I ministri condannano inoltre «fermamente l’interferenza militare della Turchia in Libia e hanno esortato la Turchia a rispettare pienamente l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite e a fermare l’afflusso di combattenti stranieri dalla Siria alla Libia. Questi sviluppi costituiscono una minaccia per la stabilità dei vicini della Libia in Africa e in Europa». I ministri invitano «le parti libiche ad osservare una tregua durante il mese sacro del Ramadan e hanno sottolineato il loro impegno a lavorare per una soluzione politica globale alla crisi libica sotto gli auspici delle Nazioni Unite, ed hanno espresso la loro entusiasmo per la ripresa di gli incontri delle tre tracce del processo di Berlino (politico, militare, economico e finanziario)».