È necessario accertare se nei Paesi d’origine ci sia «adeguata tutela» prima di negare lo status di rifugiati ai migranti che dichiarano di essere perseguitati in patria in quanto omosessuali. Come riportato da vari media, è quanto ha stabilito due giorni fa la Cassazione, che ha annullato con rinvio la decisione presa dalla Commissione territoriale di Crotone di non riconoscere la protezione ad un uomo della Costa d’Avorio.
Non basta, dunque, verificare che nei Paesi d’origine non ci siano leggi discriminatorie, occorre anche accertarsi che le autorità del luogo prestino «adeguata tutela» per gli omosessuali, come, per esempio, quelli colpiti da «persecuzioni» di tipo familiare, come nel caso in questione.
L’uomo, B.A., era infatti scappato perché minacciato dai parenti, ma per la Commissione non possedeva i requisiti per vedersi riconoscere lo status di rifugiato in quanto, «in Costa d’Avorio, l’omosessualità non è considerata un reato». Ma per la Cassazione «non è conforme a diritto» aver negato la protezione all’uomo senza accertare se nel suo Paese sarebbe tutelato dalle minacce dei parenti.
Una sentenza giusta, che pone nuovamente i riflettori su un problema diffuso nel continente africano. I membri della comunità Lgbt di molti Paesi vivono infatti in contesti di gravi violazioni dei diritti umani che spesso li portano a fuggire dalle loro terre d’origine nonostante ufficialmente non ci siano leggi che li discriminano. Non vengono accettati dalle comunità, che spesso li emarginano stigmatizzandoli, e subiscono violenze anche da parte delle forze dell’ordine. Nel libro Migranti di Domenico Di Cesare si riportano numerose testimonianze di questo tipo.
Secondo quanto denunciato da Amnesty International lo scorso anno, l’omosessualità è illegale in 33 dei 54 Stati africani ed è punibile con la morte in Mauritania, Somalia, Sudan e nel Nord della Nigeria. Inoltre, come riporta la International Lesbian and Gay Association, le misure contro gli Lgbt che risalgono a leggi di epoca coloniale o ad interpretazioni giuridiche a difesa del “buon costume” o della pubblica morale, sono state inasprite negli ultimi cinque anni.
Occorre anche ammettere che l’opinione pubblica africana accetta e sostiene le norme discriminatorie e le pratiche anti-Lgbt dei governi. Una ricerca condotta dal PewResearch Center di Washington rivela che il 98% dei nigeriani, il 96% dei cittadini di Senegal, Ghana e Uganda, e il 90% dei keniani è convinto che la società non debba accettare l’omosessualità bensì combatterla.