Missione Onu in Mali condanna amputazioni ad opera dei jihadisti

di Valentina Milani

La forza di mantenimento della pace delle Nazioni Unite in Mali (Minusma) ha condannato fermamente le amputazioni di civili avvenute nei giorni scorsi nella regione di Gao, nel nord del Mali, e ha chiesto che i responsabili siano consegnati alla giustizia.

Il 2 maggio, presunti affiliati all’Isis nel Grande Sahara hanno presentato tre civili nel villaggio di Tin-Hama nel Grande Sahara e hanno amputato loro una mani e un piede ciascuno.

“Condanno fermamente questi atti spregevoli. Tali punizioni corporali eseguite da gruppi armati al di fuori di qualsiasi quadro giuridico è una grave violazione dei diritti umani, compreso il diritto di ogni essere umano a un equo processo da parte di un tribunale regolarmente costituito”, ha detto El-Ghassim Wane, capo della Missione di stabilizzazione integrata multidimensionale delle Nazioni Unite in Mali.

Secondo una precedente versione circolata nella stampa, almeno due maliani erano stati intercettati dai militanti dell’Isis il 28 aprile verso Assore, a 15 km a nord di Asongo, sulla strada per Menaka, mentre stavano rapinando un veicolo di trasporto. L’amputazione degli arti, in pubblico, è stata la punizione inflitta dai radicali.

Per la Minusma, tali “abusi” sono punibili secondo la legge maliana. Gli sviluppi “ricordano gli orrori che hanno segnato la crisi del 2012 e dovrebbero essere un campanello d’allarme per tutti coloro che sono coinvolti nella lotta contro l’impunità in Mali”. La Minusma si è detta pronta “a sostenere le indagini in corso delle autorità maliane per combattere l’impunità”.

Alcuni osservatori sostengono che l’assenza dello Stato maliano in diverse aree del Paese lascia il campo aperto ai jihadisti che impongono le loro leggi. Gli analisti aggiungono che questo fa parte della strategia degli stessi jihadisti: mostrare a popolazioni esasperate dagli attacchi ai trasporti pubblici che loro sono la soluzione.

Gruppi jihadisti avevano effettuato amputazioni, lapidazioni, fustigazioni ed esecuzioni pubbliche in nome di una rigorosa interpretazione della legge islamica nelle grandi città del Nord, cadute nelle loro mani a marzo-aprile 2012, sulla scia di un conflitto tra il governo centrale e gruppi indipendentisti tuareg del nord. All’epoca, Amnesty International aveva denunciato le punizioni corporali inflitte “in nome della loro interpretazione della Sharia” dagli islamisti armati. L’organizzazione aveva anche denunciato l’utilizzo di bambini soldato da parte di gruppi armati, ma anche da parte delle milizie di autodifesa che erano allora  sono costituite nel sud del Paese “con il consenso e il sostegno delle autorità” nella prospettiva della liberazione del nord del Mali.

Contro l’avanzata dei gruppi islamisti fu lanciata nel gennaio 2013 l’operazione Serval da parte delle forze armate francesi. L’operazione si è successivamente trasformata in operazione Barkhane, tuttora operativa. 

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