Ieri il 50enne Mohamed Djemai è stato eletto come segretario generale partito di governo algerino Fronte di liberazione nazionale (Fln) e andrà così a sostituire Moad Bouchareb. Sono stati i membri del Comitato centrale del partito a nominarlo. Djemai ha ottenuto 223 preferenze su un totale di 418 votanti.
La scelta è significativa in quanto Djemai è una figura relativamente giovane in seno all’Fln. Un partito nel quale la maggior parte degli alti funzionari ha circa 70 anni e ha dominato la politica algerina sin dall’indipendenza dalla Francia nel 1962. Potrebbe essere interpretata come una mossa per avvicinarsi alle richieste della popolazione che da più di 10 settimane chiede un cambio completo del sistema al potere.
Gli altri candidati erano Djamel Benhamouda, Said Bouhadja e Mustapha Maazouzi, i quali hanno ottenuto rispettivamente 126, 35 e 18 preferenze.
Noto imprenditore algerino, Djemai è stato eletto più volte al Parlamento per il dipartimento di Tebessa nell’est del Paese a partire dal 2002. Djemai ha servito anche come vicepresidente del parlamento in tre occasioni ed è stato anche presidente del gruppo parlamentare dell’Fln alla camera bassa del Parlamento algerino.
Djemai ha dichiarato che la sua formazione politica «contribuirà in modo efficace all’uscita del Paese dall’attuale situazione». Nella sua prima dichiarazione dopo la sua nomina a segretario generale ha poi affermato che «i sostenitori del partito si aspettano molto impegno, specialmente nelle attuali circostanze del Paese». Dopo aver indicato l’importante ruolo dell’esercito, Djemai si è impegnato ad affrontare la popolazione e gli esponenti del proprio partito agendo in nome «della verità».
Le proteste in Algeria sono scoppiate a febbraio in seguito all’annuncio della ricandidatura per un quinto mandato del presidente ottantatreenne Abdelaziz Bouteflika, il quale raramente è stato visto in pubblico da quando è stato colpito da un ictus nel 2013. Le dimostrazioni a livello nazionale alla fine hanno spinto Bouteflika a dimettersi, il 2 aprile scorso. Una settimana dopo, il Parlamento algerino ha nominato Abdelkader Bensalah presidente ad interim per i successivi 90 giorni. Da allora Bensalah, considerato molto vicino all’ex presidente, ha annunciato una nuova elezione presidenziale, fissata al 4 luglio.
Nelle ultime settimane, sotto la pressione del movimento e su richiesta dell’esercito, sono partite diverse inchieste su casi di corruzione contro potenti uomini d’affari e alti responsabili dello Stato. Come Ali Haddad, Issad Rebrab (considerato l’uomo più ricco di Algeria), i fratelli Kouninef, quattro imprenditori noti per la loro vicinanza a Said Bouteflika, fratello dell’ex capo di Stato. Inoltre recentemente è stato interrogato l’ex premier Ahmed Ouyahia per una caso di corruzione. Per finire, alcune personalità politiche del vecchio corso, come il presidente del Consiglio costituzionale, Tayeb Belaiz, si sono dimesse.
Ciononostante, le proteste continuano, in quanto i manifestanti vorrebbero un cambio radicale del “sistema” al potere prima di indire elezioni alle quali si dovrebbe arrivare con una gestione civile della transizione in quanto le strutture politiche esistenti non possono garantire elezioni libere ed eque.
L’esercito, però, che continua ad avare un ruolo importante negli equilibri del Paese, due giorni fa ha fatto sapere che si rispetterà la Costituzione «qualsiasi siano le circostanze» attraverso il generale Ahmed Gaïd Salah, a capo delle forze armate algerine, il quale ha ribadito che le elezioni del 4 luglio «sono la soluzione ideale per uscire dalla crisi».