Continua il viaggio tra i grandi registi del cinema africano. Questa è la volta del senegalese Moussa Se Absa, regista, sceneggiatore, produttore, attore, pittore e griot. Il suo ultimo film, Xalé, le ferite dell’infanzia, è candidato all’Oscar 2023.
di Annamaria Gallone
Candidato all’Oscar 2023 per il Senegal con il suo ultimo film, Xalé, Moussa Se Absa è un artista ad ampio spettro, regista, sceneggiatore, produttore, attore, pittore, griot per tradizione. Con la sua ultima opera chiude la trilogia iniziata nel 1995 con Tableau Ferrail ” (miglior fotografia al Fespaco nel 1997), proseguita con Madame Brouette nel 2002 (Orso d’argento al Festival di Berlino). Con il suo ultimo lungometraggio, Xalé, le ferite dell’infanzia, il regista si è ispirato ancora una volta alla società del paese di Teranga per intrecciare una storia intorno alla figura di un’adolescente, Awa, una giovane donna la cui infanzia finirà bruscamente, vittima di un dramma. Sullo sfondo, in questo film corale, una panoramica sulla quotidianità e le sue preoccupazioni: disoccupazione, famiglia, migrazione, amore… Durante la XXX edizione delle Giornate Cinematografiche di Carthage, in Tunisia, la giovane attrice protagonista, Nguissaly Barry, è stata premiata come migliore interpretazione femminile del concorso.
Anche questa volta Moussa si è ispirato alla realtà e ha privilegiato il mondo dei più deboli che gli è caro, quello delle donne e dei bambini.
La trama del film è stata ispirata da un fatto che si è verificato nella sua famiglia allargata: un suo cugino ha stuprato una giovanissima nipote. Il regista pensa che gli stupri di adolescenti, sempre più frequenti, siano causati anche da una colonizzazione degli sguardi degli africani, prima abituati alla nudità del corpo delle ragazzine come una visione innocente, mentre ora l’Occidente ha sessualizzato questi corpi, li mette in mostra, li strumentalizza. Tutti i film del regista sono storie di donne che lottano per la loro indipendenza. E un’altra tematica che gli è cara, è quella dell’emigrazione che cerca di scoraggiare ben conscio di tutte le difficoltà e sofferenze che comporta.
Moussa si batte per i suoi ideali a tutti gli innumerevoli festival a cui è invitato. E la sua presenza è carismatica: sempre elegantissimo in abiti tradizionali molto raffinati, accompagnato dal suo inseparabile bastone.
Il Festival di Milano, prima solo africano, ora dei tre continenti (FESCAAAL), lo ha ospitato fin dall’inizio nella sua carriera. Ricordo quando, giovanissimo, arrivò con il suo primo film, Ken Bugul (La république des enfants) e portò con sé i due bambini protagonisti che con la magia della kora, conquistarono tutto il pubblico. La musica è sempre stata fondamentale nei suoi film e già il primo fotogramma in montaggio per lui si deve accordare con la musica.
E poi andai a trovarlo nel suo regno, a Popenguine, in riva al mare, un luogo incantato con tanti bimbi – figli? nipotini? – e donne avvolte in veli colorati che il vento faceva volare.
A Moussa tutti i più cari auguri per l’Oscar, ma anche perché il suo film possa arrivare anche nei quartieri più disagiati delle città africane, come lui desidera. E sicuramente il suo successo contribuirà al nuovo dinamismo che vive la cinematografia del Senegal. Ma di questo parleremo in una prossima puntata