I giganti del petrolio sono preoccupati per l’ondata di attacchi di gruppi islamisti nel nord del Mozambico, dove si trovano alcuni dei più grandi giacimenti in Africa (5,6 trilioni di metri cubi). I vertici della grandi compagnie hanno ordinato di prendere precauzioni introno ai campi di estrazione.
Attratti dalle enormi riserve di gas scoperte nel nord del Mozambico, nel 2010, le più grandi multinazionali del settore hanno fatto prospezioni e hanno avviato lo sfruttamento dei giacimenti. L’azienda italiana Eni, ad esempio, ha investito 8 miliardi di dollari per la sua piattaforma di estrazione e liquefazione del gas, l’americana Anadarko ha dichiarato di essere pronto a investire fino a 20 miliardi. Ma il Mozambico dovrà aspettare prima di incassare il frutto finanziario di queste risorse. La produzione di gas naturale liquefatto diventerà operativa solo il prossimo anno o, più probabilmente, fra due anni poiché le aziende hanno rallentato i loro investimenti con la caduta dei prezzi dal 2014.
Una minaccia inaspettata ha ora investito le compagnie e le potrebbe costringere a dover investire ingenti risorse per la sicurezza. Un gruppo di giovani islamisti sta infatti terrorizzando da alcuni mesi la regione. Sebbene nessuna compagnia sia ancora stata presa di mira, i terroristi hanno ucciso una quarantina di civili, bruciato centinaia di case e gettato migliaia di abitanti sulla strada. Le «major» quindi temono di diventare il bersaglio del jihadismo. L’Eni ha detto di monitorare la situazione dall’inizio di giugno. Citando «probabilità di attacchi imminenti», l’ambasciata statunitense a Maputo ha raccomandato ai cittadini statunitensi di lasciare rapidamente la città di Palma, nel nord del Mozambico. L’esercito e la polizia mozambicani hanno aumentato la sorveglianza.