La crisi politica e militare del Nord del Mozambico si sta trasformando in una crisi umanitaria. Di fronte all’offensiva delle milizie che si proclamano jihadiste, migliaia di persone stanno fuggendo dalla provincia di Cabo Delgado verso quella di Nampula. Secondo fonti missionarie, interpellate da Africa sul luogo, ormai duemila profughi si sono accampati a Namialo (villaggio sulla strada tra le due province) e più di 300 proprio a Nampula. Cercano protezione da violenze e distruzioni.
I profughi arrivano nella provincia di Nampula in condizioni difficili. Molti sono scampati alle violenze e sono fuggiti di casa con quel poco che potevano portare via. Mancano quindi di tutto. «La comunità di Nampula – osservano i missionari del posto – si è mobilitata. Nella parrocchia della Santa Croce, gestita dai comboniani, sono state accolte 300 persone. Altre sono state ospitate dalle famiglie che vivono in città, ma sono originarie di Cabo Delgado. Gli sfollati hanno veramente bisogno di tutto. Anche di assistenza medico perché hanno subito gravi traumi psicologici».
Anche nella popolazione di Nampula c’è paura. Il Nord del Mozambico è una regione complessa. Ha sofferto molto durante la guerra di indipendenza (1964-1974) e durante quella civile (1977-1992) ed è una delle aree più trascurate del Paese. A livello nazionale, ha i più elevati tassi di analfabetismo, disuguaglianza e malnutrizione infantile. «Nella gente – osservano i missionari – è ancora vivo il ricordo dei combattimenti e delle privazioni. Quindi c’è il timore che le nuove violenze arrivino anche qui e coinvolgano la popolazione locale. Nessuno vuole sprofondare in un nuovo conflitto».
Su chi siano i protagonisti di questi attacchi grava ancora il mistero più fitto. Da tre anni gruppi di miliziani attaccano in modo indiscriminato villaggi e città, uccidendo civili e saccheggiando. Si sono proclamati più volte seguaci dell’Isis e hanno sventolato bandiere dello Stato Islamico. Lo stesso Daesh ha raccolto e rilanciato i loro proclami e le loro rivendicazioni. In realtà molti osservatori mettono in dubbio il fatto che i miliziani siano fondamentalisti islamici. Cabo Delgado è una delle poche province a maggioranza musulmana, ma è un Islam moderato che, da sempre, segue una tradizione sufi . Alcuni sostengono che siano la pedina giocata per creare instabilità in una zona molto ricca di idrocarburi. I missionari però smentiscono questa tesi. «I campi petroliferi – spiegano – sono ben protetti da guardie armate e non sono mai stati attaccati. Per loro non c’è alcun pericolo. Il rischio più grande è per la gente comune». Difficile dire qual è la verità. Attualmente si è diffusa un’ulteriore ipotesi secondo la quale siano miliziani siano legati al traffico di droga. Una tesi che potrebbe avvicinarsi alla realtà perché il Nord del Mozambico potrebbe diventare un’area strategica per il traffico degli stupefacenti provenienti dall’Asia centrale.
Di fronte ai primi attacchi, lo Stato ha reagito blandamente. I militari e i poliziotti spesso sono stati sopraffatti. «Ora – concludono i missionari – il presidente Filipe Nyusi ha riconosciuto l’emergenza e ha inviato alcuni reparti militari di rinforzo. Si è parlato della presenza di mercenari russi e di militari sudafricani, personalmente non ho visto militari stranieri passare dal nostro territorio. Però non mi sentirei di escludere che ci siano combattenti stranieri. Lo stesso presidente ha chiesto aiuto ai Paesi confinanti parlando di questa minaccia come di un pericolo comune».
(Tesfaie Gebremariam)