di Marco Simoncelli
(Maputo)
Nonostante l’impegno internazionale nella lotta al bracconaggio, elefanti e rinoceronti continuano a essere decimati in Africa e il Mozambico si sta configurando come uno dei principali scali del traffico illegale verso il mercato asiatico.
La scorsa settimana le autorità doganali del porto di Maputo hanno annunciato il più grande sequestro di avorio mai registrato nella storia del Paese. All’interno di un container che doveva contenere resina e rifiuti plastici destinati al riciclaggio sono state rinvenute quasi tre tonnellate e mezzo di «oro bianco». Stando a quanto dichiarato ai media dal portavoce delle autorità portuali Fernando Tinga, si tratterebbe di 867 zanne di elefante, il che corrisponderebbe al massacro di 434 pachidermi.
Il ritrovamento è avvenuto durante un controllo di routine di alcuni container diretti in Cambogia. Grazie agli scanner si è scoperto che la merce contenuta all’interno non corrispondeva a quella indicata nei documenti di esportazione. L’ispezione successiva ha portato all’individuazione del carico di avorio che era stato nascosto sotto a uno strato di bottiglie di plastica.
La merce proveniva da Balulane nel distretto di Boane nella provincia di Maputo e apparterrebbe alla ditta cinese Newlite. Il quotidiano mozambicano «O Pais» si è recato all’indirizzo indicato sulla documentazione nel parco industriale di Balulane, dove avrebbe sede la ditta per avere chiarimenti, ma ha trovato solo un’installazione isolata con alte mura, cancelli chiusi e nessun’insegna esterna.
Le autorità mozambicane hanno aperto le indagini e un’inchiesta interna per trovare eventuali complici fra gli impiegati del porto, ma fino a ora l’unico a essere stato arrestato è l’autista (probabilmente inconsapevole) che ha trasportato il container fino al terminal.
Come se non bastasse qualche giorno dopo un altro sequestro eclatante è stato registrato questa volta all’aeroporto di Maputo, dove un cittadino cinese è stato trovato in possesso di 4 kg e 200 grammi di corni di rinoceronte mentre cercava di imbarcarsi su un volo della Qatar Airways diretto a Hong Kong. L’uomo è stato arrestato e ora dovrà affrontare un processo visto che in Mozambico il possesso e il commercio di animali protetti è bandito. Il paese aderisce alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites) e la recente legge del 2014 ha anche inasprito le pene.
Tuttavia il Paese dell’Africa australe continua a essere legato a numerosi sequestri di questo tipo. Lo scorso dicembre proprio in Cambogia era stato rinvenuto un carico con 1.300 kg di avorio, centinaia di scaglie di pangolino e altre ossa di animali protetti proveniente dal Mozambico.
Il Paese sta perdendo velocemente l’ultima fauna rimasta nelle sue riserve dopo la strage causata dalla guerra civile finita 26 anni fa. Non a caso gli ultimi dati forniti dall’Administração Nacional das Áreas de Conservação (Anac) affermano che la popolazione di elefanti è calata del 48% tra il 2011 e il 2016. Ancora più negativa la denuncia dello scorso febbraio dell’Ong Fauna and Flora International (Ffi), secondo cui nella Riserva di Niassa nel nord del Mozambico resterebbero solo 1.500 pachidermi dei 12mila presenti nel 2011.
Il prezzo dell’avorio sul mercato nero ha iniziato a calare da quando la Cina, il maggiore importatore al mondo, ha annunciato il bando del commercio a partire dal 31 dicembre 2017. Dai circa 2.100 dollari al kg si è passati a una media di 730. Ciononostante la domanda asiatica resta alta e i guadagni del traffico continuano a tentare i bracconieri africani che spesso (almeno in Paesi come il Mozambico dove non sono in corso conflitti) non sono altro che giovani poveri e disoccupati assoldati dalle reti criminali per fare il lavoro sporco.
Anche Hong Kong, il più grande mercato al dettaglio d’avorio da oltre 150 anni, lo scorso gennaio ha annunciato il bando del commercio, ma solo a partire dal 2021 e resta ancora un centro di attrazione per le merci illegali. Erano diretti proprio lì i corni di rinoceronte sequestrati in aeroporto a Maputo. Contrariamente all’avorio richiesto per la produzione di sculture, utensili e gioielli, il corno viene ricercato nel sudest asiatico come cura miracolosa per varie patologie, ma senza fondamenti medico-scientifici. Il prezzo può arrivare ai 100mila dollari al kg sul mercato nero asiatico e non si registrano cali nonostante i rinoceronti stiano sparendo dal continente (popolazione calata del 96% dagli anni 70). In Mozambico ad esempio non vive più nessun esemplare, per questo si pensa che quei corni sequestrati a Maputo arrivassero da altrove, probabilmente dal vicino Kruger Park, una delle più importanti riserve del Sudafrica che ospita gran parte della popolazione di rinoceronti africani.
Il direttore del Kruger, Glenn Phillips, raggiunto telefonicamente da «Africa Rivista», si è detto molto preoccupato dopo aver appreso dei maxi sequestri nel Paese vicino. «Siamo in contatto con le autorità mozambicane per capire l’origine dell’avorio e dei corni – ha detto -. Mentre le zanne sono con tutta probabilità di elefanti uccisi in Mozambico, i corni potrebbero venire da qui, magari da uccisioni compiute nel passato. Per ora comunque si tratta di supposizioni. Solo il test del Dna potrà provarlo».
Sulla lotta al bracconaggio Phillips afferma: «Alla povera gente viene dato un Ak-47 e quattro soldi per uccidere un animale. Di solito si muovono velocemente in gruppi di tre persone: uno spara, l’altro taglia la parte che interessa e il terzo la trasporta. Spesso e volentieri l’animale non muore sul colpo e viene lasciato in agonia per ore… È un massacro». Poi conclude: «Maputo resta la porta di uscita della merce in questa regione. La rete di trafficanti internazionali agisce lì nonostante l’impegno delle autorità mozambicane».
Esperti e opinionisti mozambicani sono convinti che i sequestri degli ultimi giorni non siano che la punta di un iceberg, perché la maggior parte di avorio, corni e altre merci illegali provenienti da tutto il continente fuoriescono dal Paese il più delle volte indisturbati. I 2.800 km di coste che si affacciano sull’Oceano Indiano restano sguarniti a causa degli scarsi mezzi a disposizione per i controlli. Inoltre, molte aziende cinesi ormai radicate nel paese riescono a nascondere agevolmente certi traffici approfittando della facile corruttibilità delle autorità e della popolazione di una nazione povera e in crisi economica.