L’unica cosa certa è che lasciano dietro di sé una lunga striscia di sangue. Omicidi brutali, stragi nei villaggi e attacchi a stazioni di polizia e a uffici pubblici. Chi siano veramente non si sa. La narrazione corrente è che siano miliziani islamisti legati all’Isis e si dice che abbiano giurato fedeltà allo Stato Islamico. Testimoni sentiti sul posto (e che, comprensibilmente, vogliono mantenere l’anonimato) smontano questa versione: «Nessuno sa con precisione chi siano. Si dice giovani locali. Alcuni miliziani catturati dalle forze dell’ordine hanno confessato di essersi uniti al gruppo perché veniva offerto loro denaro. Di sicuro ci sono anche stranieri: tanzaniani, o mozambicani che sono stati in Tanzania e sono rientrati. Per questo motivo le forze dell’ordine hanno rafforzato i controlli alla frontiera».
I musulmani del posto, continuano le nostre fonti, non hanno mai dimostrato atteggiamenti violenti o di intolleranza. «La maggior parte delle persone uccise dal 2017 a oggi sono musulmane – osservano –. I musulmani sono terrorizzati dagli attacchi tanto quanto i cristiani».
Negli ultimi due attacchi portati nei giorni scorsi, uno al quartier generale della polizia nella città di Quissanga, nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, e l’altro alla caserma delle Forze di Difesa e Sicurezza a Mocímboa da Praia, avrebbero issato la bandiera nera del Califfato. Ma i dubbi su una guerra a sfondo religioso rimangono.
Gli assalti sono iniziati nell’ottobre 2017. A parte i primi due a stazioni di polizia, fino ad oggi venivano attaccati villaggi indifesi dove sono stati decapitati anche bambini. Fino ad oggi hanno ammazzato, e sgozzato, tra 350 e 700 persone e causato 150mila sfollati, con un’epidemia di colera di almeno 20 morti.
«Gli ultimi attacchi sono stati molto ben pianificati – continuano le nostre fonti –: le strutture del governo sono state bruciate in modo sistematico. La matrice religiosa è emersa solo poco tempo fa. Qui si pensa che ci siano interessi particolari che si nascondono dietro la copertura religiosa».
La zona è molto ricca. A Palma, un’ottantina di chilometri a nord dai luoghi degli attacchi, Eni ed ExxonMobil lavorano in uno dei maggiori giacimenti di gas naturale del pianeta. La sua operatività è stata programmata per il 2022; un progetto valutato 56 miliardi di euro. ExxonMobil, secondo la Bbc, lo scorso ottobre avrebbe svelato un investimento di 465 milioni di euro.
Trecentocinquanta chilometri a sud-ovest invece si trova il più grande giacimento del mondo di rubini e altre pietre preziose. Due forzieri che l’ex colonia portoghese deve assolutamente difendere per proteggere il suo futuro.
Per proteggere questi siti, Maputo ha inviato numerosi reparti militari e delle forze di polizia. Ma non sono bastati. Recentemente il governo mozambicano ha chiesto l’aiuto della Russia. Sul posto è arrivato il Gruppo Wagner. Ufficialmente «cani sciolti», sono mercenari preparatissimi, molto legati al presidente Vladimir Putin, già attivi in Libia (al fianco del generale Khalifa Haftar) e in Repubblica Centrafricana (a difesa dei giacimenti minerari sfruttati da società russe).
Serviranno solo a reprimere una rivolta di fondamentalisti islamici? O difendono interessi economici precisi?