Le violenze, gli scontri, i combattimenti in corso da mesi nelle regioni nord-occidentali e sud-occidentali del Camerun stanno provocando una forte limitazione delle capacità delle popolazioni civili di accedere ai servizi sanitari, particolarmente importanti in un momento come quello attuale e con una pandemia in corso.
E’ la denuncia diffusa oggi dall’associazione Medici Senza Frontiere (Msf) in una nota nella quale si precisa che “una crisi politica inizialmente legata alle richieste di maggiore autonomia si è evoluta in una crisi di violenza armata tra le forze di sicurezza camerunesi e i gruppi separatisti armati. Gli scontri armati sono diventati una realtà quotidiana, limitando gravemente l’accesso delle persone alle cure mediche e alle strutture, nonché ad altri servizi di base”. La cosiddetta “crisi anglofona”, scrive Msf, ha “causato indicibili sofferenze alle persone. Atti di estrema violenza sono stati commessi su civili, operatori sanitari e scolari; sono stati imposti blocchi (restrizioni imposte ai movimenti) e l’accesso alla salute è diminuito”.
Secondo le Nazioni Unite, quasi una struttura sanitaria su cinque non funziona più in queste due regioni a causa della crisi in corso, mentre le persone sfollate sono oltre 700.000.