Si chiama Munirah Warsame, ha vent’anni, è la prima atleta somala di taekwondo, l’arte marziale coreana, a partecipare alle olimpiadi. Warsame si è qualificata ai Giochi di Tokyo e si sta preparando in modo meticoloso per riuscire a salire sul podio.
Nata in Gran Bretagna dove i suoi genitori si sono rifugiati per fuggire alle violenze in Somalia, Warsame ha dichiarato a Voices of America che quando vedrà sventolare la bandiera del suo paese d’origine in Giappone sarà emozionata.
“La sensazione di rappresentare il mio Paese alle Olimpiadi per la prima volta è irreale – ha detto -. L’ho sognato per tutta la vita dall’età di sei anni quando ho iniziato a praticare taekwondo. Ed è anche un’esperienza così eccitante. Inshallah (se Dio vuole), renderò me stessa e il mio Paese orgogliosi”.
Secondo il comitato olimpico somalo, almeno sei atleti rappresenteranno il Paese a Tokyo in tre categorie: taekwondo, boxe e atletica leggera.
L’allenatore di taekwondo, Dudley Ricardo, afferma che la sua squadra è molto ben preparata nonostante le difficoltà finanziarie. “Il potenziale della squadra nazionale somala sembra abbastanza brillante e promettente – ha detto -. Credo che abbiamo una squadra piccola ma forte con membri giovani emergenti e saremo in grado di vedere molti più risultati nelle future competizioni”.
Il taekwondo non è uno sport diffuso in Somalia. Ma Ahmed Issa, il vice presidente della Federazione somala di taekwondo afferma sta conducendo una campagna di sensibilizzazione per trovare atleti capaci, come Warsame.
“La federazione somala di taekwondo sta pianificando di reclutare più giovani per praticare questo sport – spiega Issa -, specialmente nelle università, nei college e nelle scuole. Cerchiamo di fare le nostre sessioni di allenamento gratuite e assumiamo allenatori speciali di livello internazionale. Molte persone dimostrano interesse a praticare questa arte marziale”.
Si prevede che più di 11.000 atleti da tutto il mondo parteciperanno ai Giochi di Tokyo, che sono stati riprogrammati dallo scorso anno a causa della pandemia di coronavirus.